giovedì 11 dicembre 2014

Se tutto è giusto



È convinto di esistere. 
Ignorante.
Non ha un suo stile, manca di identità e lo si capisce senza sforzo alcuno. Da cosa?
Beh, è sempre vestito all'ultima moda, giusto per fare un esempio, affida il suo gusto al capriccio delle tendenze presenti identificandosi con il suo viso perennemente abbronzato.
Vanitoso.
Qualunque capo indossi, questo è rigorosamente firmato: nemmeno uno da lui.

Si guarda allo specchio e non vede niente.
Solo una sagoma dall'espressione insoddisfatta.
Povero, più dei nullatenenti. Lo sa ma preferisce non riconoscerlo.
C'è un uomo più povero del misero che si atteggia a ricco?
Forse il ricco che non si rende conto di quanto è miserabile. Uhm.

Ostenta ciò che non ha. Disprezza in pubblico ciò che nell'intimo invidia.
Sacerdote devoto del suo ego ipertrofico, spaccia la sua arroganza per sensibilità.
C'è chi gli crede, incredibile.
Lo coccolano, puntellano le sue certezze nutrendolo di gesti dolciastri e artificiali, come aspartame nel caffè.

Non si tratta di una caricatura, non è questa una figura costruita mettendo insieme sostantivi rancorosi e aggettivi dispregiativi.
Conosco questa persona mio malgrado ma so che non m'importa il suo nome, anche perché ogni volta cambia.
Mi importa soltanto che non sia il mio.

Prodotto della cultura degli ultimi cinquant'anni fatta di sovraesposizione del proprio ego e turbo-edonismo sfrenato, questo inconsistente profilo rappresenta il pieno fallimento dell'idea secondo cui nessuno ha il diritto di giudicare.
Se tutto è giusto allora nulla è importante. Amen. 
Ma se nulla è importante allora per cosa vivere?

Il nostro non se lo chiede, anche questa sera la passerà come tutte le altre: divertendosi come se non avesse domani.
Esatto.

venerdì 21 novembre 2014

Il Signore ti (chi)ama



L'indole esasperatamente autoassolutoria e individualista della società nella quale la maggioranza dei cittadini occidentali si crogiola un giorno sì è l'altro pure, non poteva che accogliere con sollievo le espressioni di un papa come Francesco.
Semplice, sobrio e dall'indole disponibile, quest'uomo esprime la scaltrezza di una Chiesa che nel suo momento più difficile gioca la sua carta migliore. E vince la mano.
Commentatori entusiasti in trattoria, per strada, tra le righe della carta stampata e le pagine web di prestigiose testate nazionali e internazionali, sottolineano ripetutamente l'atteggiamento dolce e paterno di un un uomo che alterna semplice buon senso ad aperture inedite (ma nei fatti da sempre operate) nei confronti dei 'peccatori'.
Ci ritroviamo a considerare una notizia il fatto che il papa si sposti sul microbus insieme agli altri cardinali, uno scoop il papa che prende in braccio i piccoli, un evento la sua ultima esternazione contro l'ingiustizia sociale.

Quello di cui nessuno sembra accorgersi però, è che la Chiesa Cattolica continua nella sua opera di auto dissoluzione.
Piuttosto che una concreta opera di insegnamento capillare volta al trasferirmento verso le masse di concetti quali la bontà del Bene e la vacuità del Male, la Chiesa di oggi, in perfetta continuità con quella di ieri, continua a sviluppare la propria azione sulla base delle esigenze di minoranze rumorose e combattive.
Minoranze che poi si ritrovano sostanzialmente a loro agio in una società avida ed egoista nei comportamenti, pagana per ciò che concerne la dottrina che regola i suoi variegati e contraddittori valori.

Va tutto bene, l'importante sono l'amore e l'amare.
Cosa poi significhi amare davvero lo decide ciascuno a livello individuale dunque, 'chi sono io per giudicare un gay'.
Non lo so, dimmelo tu che sei vestito di bianco e hai tutte quelle guardie intorno.

Il Signore prima o poi ti (chi)ama. E ti chiede conto.
Studia va'.

martedì 3 settembre 2013

E' qui la festa? No




C'è stato un tempo in cui "la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole(eeeeeee)". (cit)
Oggi è tutto un po' più difficile, più complesso.

Forse il concetto di Festa prevede che gli invitati si allietino condividendo spazi comuni e attività di volta in volta eseguite (almeno) dalla maggioranza dei festeggianti.
E' finita.
Questo modello poteva funzionare fino a una decina di anni fa.
Oggi ognuno di noi ha la possibilità, il tempo e i mezzi per coltivare interessi particolari, sensibilità e gusti del tutto peculiari.

E' sempre più difficile organizzare le serate come spaziosi contenitori nei quali riversare persone, temi, cibi e bevande a caso.
Diversamente da alcuni anni fa, quando la cultura era più omogenea e la stragrande maggioranza degli individui condivideva valori, abitudini e convinzioni similari; per esempio era del tutto naturale che a una festa gli invitati partecipassero agli immancabili balli di gruppo, momenti nei quali i ballerini parlavano tutti la stessa lingua del corpo, attimi nei quali una comunità si riconosceva nelle sue antiche tradizioni e atmosfere.
Oggi lavoriamo, andiamo a nuoto, giochiamo a calcetto, guardiamo film sudcoreani sottotitolati in gaelico antico (Samuel), ascoltiamo musica elettronica armena (sempre Samuel) e beviamo fermenti prebiotici con la massima naturalezza.
Chi si somiglia si piglia e noi assomigliamo sempre meno l'uno all'altro. Per (s)fortuna.

Festa, R.I.P.

Chi si accontenta rode



Senti di aver perso molto. Continui a ripeterti che non puoi avere tutto. Nella segreta speranza che prima o poi tu riesca a convincerti, ti piace aggiungere che, in fin dei conti, oggi hai quanto ti serve; e questo basta.

Questo ragionare per sottrazione, la scelta di seguire percorsi cognitivi che comportano minimi dispendi emotivi è necessaria, utile, a volte indispensabile: si rimane colpiti rispetto al grado di serenità che può indurre uno sgonfio e logoro 'chi si accontenta gode'.

Amen.
Però, per quanto tu possa accontentarti, per quanto tu riesca ad apprezzare quel poco che hai, nulla potrà mai eguagliare la forza che emana dalla consapevolezza di sentirti ricco in quanto padrone di quell'unica cosa senza la quale non potresti cambiare nulla a tuo vantaggio:

la tua Vita.

mercoledì 5 dicembre 2012

AAA Empatia Cercasi



Non vivere su questa terra
come un estraneo
e come un vagabondo sognatore.

Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi all'uomo.

Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.

Ti diano gioia
tutti i beni della terra:
l'ombra e la luce ti diano gioia,
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani,
ti dia gioia l'uomo!


Prima di tutto l'uomo (ultima lettera al figlio)
Nazim Hikmet