È convinto di esistere.
Ignorante.
Non ha un suo stile, manca di identità e lo si capisce senza sforzo alcuno. Da cosa?
Beh, è sempre vestito all'ultima moda, giusto per fare un esempio, affida il suo gusto al capriccio delle tendenze presenti identificandosi con il suo viso perennemente abbronzato.
Vanitoso.
Qualunque capo indossi, questo è rigorosamente firmato: nemmeno uno da lui.
Si guarda allo specchio e non vede niente.
Solo una sagoma dall'espressione insoddisfatta.
Povero, più dei nullatenenti. Lo sa ma preferisce non riconoscerlo.
C'è un uomo più povero del misero che si atteggia a ricco?
Forse il ricco che non si rende conto di quanto è miserabile. Uhm.
Ostenta ciò che non ha. Disprezza in pubblico ciò che nell'intimo invidia.
Sacerdote devoto del suo ego ipertrofico, spaccia la sua arroganza per sensibilità.
C'è chi gli crede, incredibile.
Lo coccolano, puntellano le sue certezze nutrendolo di gesti dolciastri e artificiali, come aspartame nel caffè.
Non si tratta di una caricatura, non è questa una figura costruita mettendo insieme sostantivi rancorosi e aggettivi dispregiativi.
Conosco questa persona mio malgrado ma so che non m'importa il suo nome, anche perché ogni volta cambia.
Mi importa soltanto che non sia il mio.
Prodotto della cultura degli ultimi cinquant'anni fatta di sovraesposizione del proprio ego e turbo-edonismo sfrenato, questo inconsistente profilo rappresenta il pieno fallimento dell'idea secondo cui nessuno ha il diritto di giudicare.
Se tutto è giusto allora nulla è importante. Amen.
Ma se nulla è importante allora per cosa vivere?
Il nostro non se lo chiede, anche questa sera la passerà come tutte le altre: divertendosi come se non avesse domani.
Esatto.