Giuseppe Bonito, Don Chisciotte combatte contro i mulini a vento, 1759
Quel caldo umido, unto e insopportabile come un politico infido e adulatore.
Il disordine di una stanza oscura che viene di volta in volta illuminato dai bagliori irregolari e intermittenti emessi dallo schermo del televisore.
A giudicare dalle voci che si avvicendano l’una all’altra parrebbe in corso un’insensata e nevrotica conversazione tra uomini, donne e bambini che più che comunicare tra loro sembrano esprimersi attraverso slogan di contagiosa fiacchezza.
Già, la televisione accesa.
Il continuo scorrere dei canali da parte di un telespettatore tediato, dà luogo a un collage di immagini e suoni sempre nuovo, sempre uguale, sempre vuoto.
Fino a che una voce sostituisce le altre e persiste, fino a farle zittire tutte.
Succede che in questo vagare tra un canale e l’altro a volte ci si fermi e si rimanga a contemplare una trasmissione di cui non si è immediatamente riusciti a cogliere l’intenzione, della quale non ci sono familiari lo stile e il formato.
Quella voce.
Ferma ma leggera, seria e sardonica insieme.
Proprio il tipo di voce che appartiene a quegli strani e così rari personaggi che si ascoltano con attenzione e interesse anche se si è perfettamente consapevoli che giocheranno divertiti con le nostre debolezze e le nostre contraddizioni.
Si rivela in questi individui una sorta di magnetismo che consente loro di avere una presa suggestiva e irresistibile sugli stregati interlocutori. I soggetti ‘magnetici’ posseggono la facoltà di indirizzare messaggi concernenti una realtà che sfugge alle menti sedate dai troppi stimoli alterati e artificialmente drogati, non limitandosi alla purtroppo ormai scontata allegria ma facendo acutamente ricorso agli espedienti dell’allegoria.
L’allegoria, strumento pieno di forza semantica che ci giunge dal tempo andato, passato per le penne e gli inchiostri di scrittori intenzionati a esprimere spinosi significati disponendone uno per ogni profondità.
Quella voce. Ora piena d’energia.
“Eccoci!! Siete i benvenuti a questa nostra prima serata del programma "Amore fa rima con Dolore", il caffè degli attoniti, la sala d’attesa dei confusi, l’unico ambulatorio al mondo nel quale quando si chiede ‘chi è l’ultimo?’ da un coro di individui emotivamente dissestati ci si sente rispondere entusiasticamente: ‘Noi!’.
Se sentivate la necessità di uno spazio nel quale porre domande impossibili a chi promette risposte folli e stravaganti, "Amore fa rima con Dolore" sarà il programma confezionato su misura per voi.
Sarà un luogo incorporeo, astruso, un territorio di frontiera dove non si conquisterà il Selvaggio West e nemmeno si solcheranno a velocità di curvatura le recondite pieghe dello spazio-tempo dalla plancia dell’USS Enterprise.
No, la frontiera da esplorare non ci attenderà in qualche posto lontano ed esotico.
Il margine sarà quello dettato dai nostri confini, delle nostre paure, noi qui ci limiteremo a fare quello che ci viene meglio, contempleremo l’ovvio, analizzeremo attentamente il vacuo tentando di estrapolare impossibili e più nobili significati laddove la realtà così com’è appare insopportabilmente onerosa per esser tollerata.
Saremo instancabili, non ci spaventeranno gli sforzi vani, le polemiche sterili e i discorsi fatui.
Tenteremo eroicamente la via della speranza quando sarà ormai evidente che non c’è più nulla da fare, ci esibiremo in slanci eroici senza che ve ne sia ragionevole necessità, sfideremo le nostre paure ribellandoci al loro sproporzionato potere cosicché, alla fine, come spesso accade d’altronde, resterà in noi esausti ed esauriti in modi che neanche immaginiamo, la rassicurante sensazione di aver ingannato il Tempo e il suo impietoso scorrere per l’ennesima sera.
Sarà in quel momento che come moderni Don Chisciotte della Mancia ci porremo nuovamente di fronte a un mulino a vento.
E dopo aver riempito una volta ancora i polmoni di quella stessa aria che distrae dorate spighe di grano durante assolati pomeriggi primaverili, volgeremo lo sguardo verso il mulino.
E lo fisseremo silenti.
Aspetteremo qualche secondo fieri, mentre il destriero soffia e scalpita sotto di noi impaziente.
E lo sfideremo.
Amore fa rima con dolore. E secondo voi è un caso?”
Un dito preme un pulsante sul telecomando.
La voce si interrompe.
Lo schermo si oscura e nella stanza precipitano grevi le tenebre.
Un sospiro si dissolve nell’afa della notte.
Ora nulla si muove.
Nulla si sente.
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