venerdì 15 gennaio 2010

Moby Prince - CP250



Photo by Flickr

Nonostante siano trascorsi una ventina d'anni, il ricordo di quegli accadimenti è ancora vivo.
Perché esistono delle carte e delle testimonianze.
In verità, in questi casi, il reale luogo dove sono celate informazioni scomode, sovversive della quiete imposta dagli omertosi silenzi, non sono recuperabili nella memoria di qualche sopravvissuto o dai racconti di casuali testimoni oculari.
Sopravvivono nelle carte giudiziarie e nelle ricostruzioni giornalistiche di avventurosi e spericolati cronisti, persone come Enrico Fedrighini autore di Moby Prince: Un Caso Ancora Aperto.
Le bugie vengono a galla, i nodi al pettine, il puzzle continua a comporsi di nuovi pezzi rivelando un'immagine completamente diversa da quella stampata sulla scatola.
Come per IH-870 la mente umana non ammette zone oscure, quello che non si vede, ciò che non si coglie nell'immediato riesce a essere sempre più affascinante di ciò che appare evidente o che perlomeno sembra esserlo.
Non esistono tragedie che non ci riguardano.


Atto primo - CP250

C'è una motovedetta, la CP250 della Capitaneria di Porto che indugia timida, dolcemente cullata dalle quiete onde del mare nei pressi di un'enorme petroliera in fiamme il cui nome è Agip Abruzzo.
Il comandante della Capitaneria, a bordo della CP250 con il suo equipaggio, non fa sentire la sua voce alla radio, non dà indicazioni di sorta, non coordina i soccorsi.
Fiamme. Silenzi.

E' la rada del porto di Livorno e sono da poco passate le ore 23 del 10 aprile 1991; il registratore della stazione costiera IPL Livorno Radio e tutti i marittimi sintonizzati in quel momento sul canale radio 16 VHF (quello utilizzato per le comunicazioni di emergenza) hanno sentito il comandante della petroliera che si sgolava: "Una nave ci è venuta addosso!".

Ha preso così il mare una lancia di salvataggio che si è affiancata all'Agip Abruzzo per consentire il trasbordo dei naufraghi. I soccorsi funzionano: prima di mezzanotte il comandante e il suo equipaggio sono già stati tratti in salvo sulla terra ferma. L'incendio sulla petroliera alta quanto dieci piani e illuminata a giorno da un impianto luce di 40000 Watt, lunga 280 metri e carica di 82000 tonnellate di petrolio Iranian Light sta per essere domato e tutti i marinai sono in salvo.
Meno male, poteva scapparci il morto.

Un attimo, la nave.
No, non questa nave, l'altra.
La registrazione radio della comunicazione del comandante dell'Agip Abruzzo parlava di uno scontro in mare: "Una nave ci è venuta addosso!"
Quella nave.
Dov'è?
Come dov'è? Dove vuoi che sia andata a finire una nave passeggeri, dopo la collisione con una petroliera di quella stazza?
La motonave Moby Prince inondata dal carburante Iranian Light fuoriuscito dalla petroliera dopo l'urto vaga alla deriva con 141 persone a bordo, uomini, donne e bambini vicine a morire senza nessuno che tenti di salvarle.

C'è una motovedetta, la CP250 della Capitaneria di Porto che indugia timida, dolcemente cullata dalle quiete onde del mare nei pressi di un'enorme petroliera in fiamme il cui nome è Agip Abruzzo.
Il comandante della Capitaneria, a bordo della CP250 con il suo equipaggio, non fa sentire la sua voce alla radio, non dà indicazioni di sorta, non coordina i soccorsi.
Fiamme. Silenzi. Morte.