mercoledì 24 marzo 2010

Autoritario vs Autorevole



Autorità e stupida arroganza.
E' inaccettabile, eppure le due cose coincidono da sempre.
In ufficio come in officina. Spesso nelle famiglie.
Ovunque.
Imporre, intimidire, ricattare psicologicamente o materialmente, in modo più o meno velato: i mezzi con i quali viene generalmente esercitata l'autorità sono sempre i medesimi.

Questo video ha fatto il giro del mondo.
Molti di quelli disgustati alla vista di queste immagini saranno stati gli stessi che l'indomani, in un sussulto di superbia avranno scaricato sui loro sottoposti tutta la loro incapacità di essere reali punti di riferimento, imponendo, intimidendo, ricattando psicologicamente o materialmente, in modo più o meno velato.
L'autorità che ci opprime è sempre quella altrui.
Già, potranno anche essere autoritari in virtù delle responsabilità affidate loro.
Autorevoli non lo saranno mai.

mercoledì 17 marzo 2010

Post che non vale la pena di leggere




Carissimo Andrea,
vivissime congratulazioni per il successo del tuo blog, anche se, a dirla tutta lo so che la metà delle visite sono tue, un quarto sono di Samuel, qualcuna dei tuoi parenti e quelle che rimangono di tutti coloro che sono arrivati sul blog per sbaglio (tra questi ultimi includo anche Alberto); ti stimo molto, innanzitutto per il tuo nome, che mi piace molto. Pensa che si chiama Andrea anche il pesce rosso post-cloro che tengo sul top della cucina!
E' un po' come te, sulle prime un po' scostante ma di grande compagnia quando cessa di sentirsi un pesce fuor d'acqua.

Ti confesso che ti seguo da tempo e con costanza, ero dietro di te anche venerdì scorso, in coda alla posta; tu avevi il numero 48B, io invece il 51B; sento che questo vuole dire qualcosa su di noi; certo, a sentire quelle streghe delle mie amiche si tratterebbe del semplice fatto che siamo arrivati pressapoco alla stessa ora... uff, quanto sono ciniche...
So che tieni molto al rispetto delle dovute distanze quindi tenterò di non essere inopportunamente sfacciata.
Ecco perché vorrei dirti innanzitutto che, oltre a trovarti maledettamente e fuorileggemente affascinante, credo che tu sia una persona estremamente inteligiente, si capisce dalla tua verve che hai una cultura e padronanza dialettica forse persino superiore a quella di un partecipante a un reality qualunque.
Su questo concorda anche la mia vicina di casa, si chiama Vitina Obliqua - classe 1927, una donna di grande esperienza, la quale mi ripete spesso che dovrei imparare da lei a capire come si fa a riconoscere un uomo da un pupazzo. Eppure continuo a nutrire fondati dubbi sulla sua autorevolezza.
(Per dire... Vitina non ha mai avuto un fidanzato e va ancora a dormire abbracciata a Garfield).

Dopo questa brevissima premessa vorrei passare alla ragione di questa mia email.
Anche a me piace scrivere al computer e comporre puzzle dal lato cieco, però devo ammettere che ho qualche difficoltà.
Con lo scrivere intendo.
L'ultima cosa che ho scritto è stata la lista della spesa e pensa che mi sono pure dimenticata di segnare le fette biscottate alle prugne! Gnente, come scrittrice mi sento un disastro.
E qui intervieni tu.
Potresti gentilmente e cortesemente e individualmente aiutarmi a diventare una scrittrice (di post)?
Come si fa a scrivere un post?
Dove nasce l'idea attinente? Soprattutto chi è il padre?
Perché la Sindone viene sempre celata dietro un lenzuolo?
Gocciole o Pan di Stelle?

Ringraziandoti per la tua molto attenta attenzione ti saluto e ti mando un bacio rispettoso sulla guancia.
Con immodificabile fiducia,

Ignazina Anchenò, bidella.
101010101 Vimerdrate Lido (RR)


Gentile Ignazina,
è con il cuore colmo di qualcosa che ti ringrazio per lo smisurato affetto nei miei confronti che stilla copioso da ciascuna delle tue parole.
Non cederò alla tentazione di restituirti complimenti gratuiti, quasi che il semplice averli da te ricevuti dovesse spingermi obbligatoriamente a ricambiarteli. No, non lo farò.
Mi permetto soltanto di dire che sei la persona più meravigliosa che io abbia avuto la fortuna di conoscere nella mia, seppur breve, spericolata quanto sconsolata esistenza.

La tua missiva (!) pone quesiti che meritano risposte concise e soprattutto serie.
Mi chiedi come si scrive un post.
Tanto per cominciare è necessario sfatare almeno due luoghi comuni:

- per scrivere un post è necessario essere laureati summa cum laude in Scienze Filosofiche all'Accademia Nazionale dei Lincei di Roma.
Falso.
L'unico attestato di cui può fieramente fregiarsi lo scrivente (cioè me) è il diploma di "Pesciolino" conseguito durante il corso di nuoto seguito presso la piscina comunale all'età di 7 anni.
Questo dimostra la validità di un troppo sottovalutato luogo comune: il nuoto è veramente uno sport completo.

- per scrivere un post è necessario disporre di un'idea degna.
Falso.
Ciò di cui hai bisogno se vuoi scrivere un post è in realtà un sentimento, preferibilmente negativo barra opprimente.
Le parole devono uscire come lapilli dal vulcano, come proiettili dalla pistola, devono ustionare come schizzi d'olio bollente da una padella di sofficini.
Esempio: scrivere "i giardinetti davanti a casa mia si sono riempiti di candide margheritine" può essere vero ma non è interessante.
Diversamente, scrivere "nei giardinetti davanti a casa mia ci sono ciuffi di siringhe sporche di sangue", anche se lontano dalla realtà, risulta essere stuzzicante, trasferisce al lettore un'emozione totalizzante, la paura, un senso di smarrimento e la sensazione che lo scrivente si stia occupando del suo benessere in quanto denuncia ad alta voce una minacciosa fonte di pericolo (pazienza se non è la verità).
Dunque l'equazione è: meno margheritine, più siringhe sporche di sangue, uguale post interessante.
Devi diventare un'eroina (eh eh battuta...) che denuncia tutto il denunciabile possibile, il degrado della società ma anche il degrado della degradazione del degrado.
E' quindi evidente che per stimolare l'indignazione (ovvero l'interesse) generale, non servono notizie reali.
Certo un'idea ti serve ma dopo, quando e se sarà necessario giustificare quello che hai scritto, nel caso qualcuno ingenuamente dovesse prenderti sul serio e farti complimenti o chiederti ragioni riguardo a ciò che hai scritto.

Vedi Ignazina, un post si può definire un buon post quando il lettore riesce a immedesimarcivicicisi.
I contenuti rappresentano il punto di contatto tra chi scrive e chi legge, mentre la possibilità di lasciare dei commenti consente il ribaltamento dei ruoli, dando spazio a un continuo confronto tra retaggi ed esperienze più o meno simili tra blogger e lettori.

Un'ultima chicca: se vuoi scrivere un post di interesse devi avere all'attivo una consistente esperienza in fatto di dolorosi fallimenti personali: almeno almeno devi aver provato nella tua vita quella annichilente sensazione di frustrazione e impotenza legata al meschino tentativo di cambiare una persona.
Quando raggiungi la consapevolezza di aver sprecato il meglio di te, le tue energie non rinnovabili per ottenere il nulla, dopo che ti sei rivolto la frase 'Tanto lui/lei non cambia' quando ormai non serve più a niente, ecco, in quel momento ti sei guadagnato la patente di scrittore.

Da quel momento lo schema di pensiero che porta alla realizzazione di un post sarà invariabilmente il seguente:
1 - ti imbatti in qualcuno che pensa di essere felice;
2 - cerchi di capire dove sta sbagliando;
3 - lo aiuti ad aprire gli occhi.

Tre passi che ti garantiranno un successo letterario pari se non anche superiore al mio.

Bene, spero che i miei suggerimenti ti riescano utili, a te come a tutti quelli che in questo momento si stanno chiedendo come hanno fatto ad arrivare a leggere fin qui.
Non è colpa mia, siete voi che avete ignorato il titolo.

Ve lo chiedo come una figlia, come una sorella: se avete dei quesiti e volete che io condivida con voi parte della mia sapienza così come ho fatto con Ignazina non trattenetevi.
Scrivetemi qualunque cosa, può andar bene anche un pizzino o un post-it che non si incolla più.
E mi raccomando, nello scrivere come nella vita, siate voi stessi.
Appena avrete capito cosa significa.

Andrea

"L'uomo è tanto meno perfetto quanto più parla in prima persona; dategli una maschera e vi dirà la verità."
Oscar Wilde

mercoledì 3 marzo 2010

Sì, ma alla fine?



Vengono chiamate favole, ma più spesso si tratta di fiabe.
Non so quale sia la situazione oggi, ma una volta si raccontavano ai più piccoli, così che mentre il bambino ascoltava rapito, il genitore, nel ripeterla, si accorgeva che ne stava capendo il reale significato soltanto in quel momento, a 15 - 20 anni di distanza da quando l’aveva sentita per la prima volta.
Di una fiaba si ricorda più agevolmente il finale, meglio che i singoli passaggi narrativi, forse per il fatto che generalmente la storia raccontata si risolve in un epilogo positivo e rassicurante.

Della favola, così attentamente congegnata da autori di tempi e profondità ormai lontane, sembra purtroppo interessare soltanto l'agognato finale.
E così, quando inizi a raccontare una storia a qualcuno che già la conosce, quello che fa? Ti dice: “Ah ma stai parlando di quella che finisce così e così, giusto?”
Il finale. Non c'è niente da fare, per individuare una storia tra le tante si fa istintivamente riferimento a come termina, tralasciando i passaggi intermedi come se fossero elementi secondari.

La mia occupazione (auto-conferitami in mancanza di più appassionanti distrazioni) quale pedante polemista, mi impone però di ragionare secondo uno schema in controtendenza.
Continuo a pensare che in una narrazione ciò che conta sia la storia, il suo svolgimento, a prescindere da come questa finisca.
Nessuno si sogna di limitare la lettura di un libro alle sue ultime tre pagine: il finale acquisisce consistenza e spessore soltanto dal momento in cui si è riusciti a cogliere e realizzare nella propria mente tutto ciò che lo precede.

E questo vale soprattutto per chi la fiaba non si limita a raccontarla ma ha la fortuna di viverla.

Oppure, più tragicamente, di ricordarla soltanto.

"E vissero."
FINE