R. Mendicino - Ormeggio
Atto secondo - Il naufrago
Livorno, 10 aprile 1991.
Avevo all'epoca una decina d'anni e di questa storia ricordo di aver sentito qualcosa.
Non avevo capito nulla.
C'è una motovedetta, la CP250 della Capitaneria di Porto che indugia timida, dolcemente cullata dalle quiete onde del mare nei pressi di un'enorme petroliera in fiamme il cui nome è Agip Abruzzo.
Il comandante della Capitaneria, a bordo della CP250 con il suo equipaggio, non fa sentire la sua voce alla radio, non dà indicazioni di sorta, non coordina i soccorsi.
Fiamme. Silenzi. Morte.
E c'è poco lontano una piccola imbarcazione (appena sette metri di lunghezza) che solca le acque del porto, sono le ore 23 circa del 10 aprile 1991. La dirigono due ormeggiatori risolutamente diretti verso la motonave Moby Prince, divenuta ora una torcia consumata da lingue di fuoco, tormentata da un desolante isolamento.
Carica di 141 persone soffocate dal fumo e accerchiate dalle fiamme.
Per quanto assurdo, quello che sto per esporre è avvenuto, dunque va raccontato. Così com'è.
Nei minuti successivi all'incidente un'unica imbarcazione raggiunge la nave passeggeri incendiata: si tratta di una barchetta con a bordo due ormeggiatori senza bussola né estintori a disposizione che gira intorno alla Moby Prince, desolata e spettrale come un villaggio abbandonato dopo il saccheggio.
Richiamati da alcuni fischi lunghi e ripetuti i due uomini si fanno più vicini, individuando così una sagoma umana aggrappata alla ringhiera di poppa.
E' uno dei mozzi presenti sulla Moby Prince. E' sano e salvo. L'unico.
Sono le 23:42 e uno degli ormeggiatori si sgola alla radio sul canale d'emergenza, quello ascoltato da tutti: "CP siamo alla tua sinistra! Punta sulla nave per favore! C'è ancora gente, ci dice questo naufrago che abbiamo raccolto!" e ancora "Abbiamo raccolto un naufrago, dice che c'è ancora gente sulla nave! Sto parlando della nave che era in collisione!".
Dalla CP nessuna risposta.
Quella stessa voce si rivolge allora a chiunque altro possa sentirla in quei terribili attimi: "Un naufrago l'abbiamo già raccolto. Adesso abbiamo una CP che indugia! Andare a poppa della nave! Il naufrago ci dice che ci sono ancora dei naufraghi da salvare!".
Sono le 23:55 e l'ormeggiatore continua a sollecitare risposte. Che però non arrivano:
"Abbiamo raccolto un naufrago, ha detto cinquanta passeggeri!".
Molti ascoltano, anche chi 'indugia'.
Nessuno risponde.
Quando arriva finalmente una risposta, essa giunge dalla Capitaneria a terra e non dal comandante del porto a bordo della CP250. L'ufficiale di Marina chiede se ci sono altri naufraghi, provando così che le precedenti comunicazioni non erano cadute nel vuoto ma erano state udite da chi era sintonizzato alla radio.
La risposta dell'ormeggiatore questa volta rivela un atteggiamento completamente diverso da quello tenuto fino a quel momento: l'agitazione e l'impeto dimostrati precedentemente hanno a quanto pare lasciato il posto all'amara rassegnazione:
"Il naufrago ha detto che sono tutti morti bruciati".
Sono le ore 23:58.
"Il naufrago ha detto che sono tutti morti bruciati".
Sono le ore 23:58.
Abbandonata ogni speranza di salvare delle vite nel giro di circa un quarto d'ora.
Incomprensibile.
Poco male, qualcosa ora si muove.
Su indicazione del comandante la CP250 finalmente riparte decisa.
Beh era ora che agisse in qualche modo.
E' il caposquadra dei Vigili del Fuoco presente a bordo dell'imbarcazione e impaziente per quell'inspiegabile sosta che chiede al pilota qual'è ora la destinazione:
"Il comandante deve rientrare in porto" è la risposta.
Proprio così.
Il comandante ordina il suo rientro in porto, la conferenza stampa sta per cominciare e ci sono un sacco di cose da raccontare.
Continua