venerdì 24 ottobre 2008

Io non ho paura


Scusate se, come qualcuno mi rimprovera, faccio l'ennesimo copia e incolla ma l'articolo di Curzio Maltese oggi su Repubblica è di quelli che ti illuminano la giornata.
Scusate se faccio l'ennesimo post pseudo politico. Ma la politica non c'entra nulla. E' solo la curiosità di capire quello che mi passa accanto; è solo la sorpresa di vedere una società narcotizzata da media compiacenti, dalla rassegnazione dalla superficialità reagire.
Non importa se, come è probabile, non cambierà nulla, se tutto verrà, come spesso capita in questo Paese, presto dimenticato ma è bello vedere migliaia di ragazzi, di persone almeno per qualche giorno smettere di pensare a se stessi, allontanarsi da quel desolante orticello dell'oggi, del mordi e fuggi e occuparsi, insieme ad altri, di quello strano oggetto chiamato futuro.




ROMA - "Sai cosa c'è? Alla fine uno si rompe le balle di avere paura. Ho 22 anni e vivo ogni giorno a sotto ricatto. Paura di non farcela a riscattare tutti i crediti, del contratto da precario in scadenza, di non poter più pagare l'affitto e dover tornare dai miei, di non trovare un vero lavoro dopo la laurea, della crisi mondiale e dell'aumento delle bollette. Campo a testa china e tiro avanti sperando che domani sia migliore. Ma se mi dicono che domani non c'è più, l'hanno tagliato nella finanziaria, allora basta. Non mi spaventa più Berlusconi che dice di voler mandare la polizia. Non mi spaventa nulla, sono stufo. E finalmente, respiro". Marco è uno degli studenti della Sapienza che occupano la facoltà di Lettere. È lui ad aver proposto in assemblea alla Sapienza lo striscione che oggi è su tutte le facoltà occupate d'Italia: "Io non ho paura", in risposta alle minacce di Berlusconi, al solito smentite. "Non scrivere leader, che mi sfottono. Promesso?".

Sono le nove e sulla Roma autunnale è calata un'improbabile notte di primavera. Improbabile come questo movimento, nato nel momento peggiore, cresciuto oltre ogni previsione, senza neppure il tempo di darsi un nome. Per trovarlo hanno indetto un referendum sul sito della rivolta universitaria, www.UniRiot.org, e l'ha spuntata "Onda anomala". In breve, "l'onda", "noi dell'onda" dicono, come fossero contradaioli.

Avete presente il '68, il '77? Altra storia. L'arrivo alla facoltà occupata è confortante o deludente per chi ha in mente e negli occhi la Sapienza delle assemblee oceaniche sessantottine o il teatro di guerra della cacciata di Lama. C'è un gran silenzio. Si sentono echi di radiocronache di pallone, autoambulanze lontane, perfino un coro classico che prova nella facoltà di Fisica. Pochi ragazzi nella piazza, sui viali qualche sperduto capannello. Vuoi vedere che è la solita montatura nostalgica di un '68 che non può tornare? Ma dentro le aule, i dipartimenti brulicano di centinaia di ragazzi che discutono, studiano, lavorano al computer, organizzano le manifestazioni del gran giorno, oggi, davanti al Senato. Tessono reti in tutta Italia ed è un bollettino di guerra: "Ore 11: Occupata Roma Tre! Ore 15: occupata Ingegneria! Ore 19: occupata l'Orientale di Napoli!". E poi Firenze, Cagliari, Napoli, Bologna: "Stiamo vincendo!". Giancarlo Ruoco, capo dipartimento di Fisica, 49 anni, un passato giovanile nei movimenti, osserva: "Il paragone di numeri col '77 è improponibile, ma di sicuro questo è il movimento studentesco più partecipato degli ultimi trent'anni. Non c'è Pantera o protesta contro la riforma Moratti che tenga. Allora eravamo quasi più docenti che studenti in piazza. Ora sono il doppio, il triplo, e sembrano decisi ad andare fino in fondo".

Quando i telegiornali della sera hanno diffuso il diktat poliziesco di Berlusconi, i ragazzi più grandi hanno brindato con birre e applausi, fra gli sguardi perplessi e intimoriti delle matricole. Che c'è da festeggiare se il premier minaccia manganellate? "Il fatto è che gli stiamo mettendo paura, noi a loro. È la reazione scomposta di uno che si sente debole, che non si aspettava tutto questo, non ha una strategia e pensa di risolvere al solito modo, con la polizia, come si trattasse di rifiuti, camorra o periferie insicure". Chi parla è Luca, 23 anni, un'ottima laurea in lettere a Milano, venuto a Roma per specializzarsi in filologia romanza. È di Monza: "Perfino lì hanno cacciato la Gelmini da un comizio, e non se l'aspettava. A Monza, dov'è nata la Lega, cinquant'anni di Dc. Non hanno proprio capito che la politica non c'entra, la sinistra qui non comanda niente. Quando è venuta la ragazza mandata da Veltroni (Giulia Innocenzi, ndr), chiaramente in vista della manifestazione di sabato, le abbiamo strappato i volantini. La Cgil ha cercato di mettere il cappello sul movimento e li abbiamo costretti ad arrotolare le bandiere rosse. Per me il Pd significa poco, l'opposizione è inesistente, Berlusconi non è chissacché, non mi suscita nessun sentimento. È soltanto un vecchio che fa discorsi vecchi. Insomma, qui non c'entra la politica, c'entra la vita. Il mio futuro, quello di Francesco, Vanessa, Ilaria...".

"La mia vita attuale è questa. Studio come un pazzo per finire in fretta e bene, lavoro in un call center, dormo in una camera a 500 euro al mese. E sopporto pure che un Padoa- Schioppa o un Brunetta o una Gelmini mi diano del bamboccione o del fannullone. Ma non che taglino i fondi all'università per fare affari con l'Alitalia, aiutare la Fiat o le banche dei loro amici. La crisi io non la pago. Questa settimana di proteste è stata la più bella esperienza di questi anni. Si respira, si parla, si discute dei sogni, del futuro. Penso sia un mio diritto. Ai vostri tempi era magari diverso. I corsi universitari duravano mesi, avevi sempre gli stessi compagni, gli stessi professori. In ufficio o in fabbrica eri solidale con l'altro operaio o impiegato. Ora io seguo decine di corsi dove non incontro mai le stesse persone e poi lavoro in un call center dove il mio vicino di scrivania cambia sempre, a ogni turno, senza contare che abbiamo tutti le cuffie e non c'è neppure la pausa caffè. In questi giorni ho alzato la testa, mi sono guardato intorno, ho conosciuto studenti da tutta Italia, mi sento vivo".

E' un rivolta di bravi ragazzi, della nostra meglio gioventù. Non è una rivolta contro i padri, come furono le altre, ma di giovani che prendono sul serio le parole dei padri. Vogliono studiare, uscire di casa, fare carriera per meriti e non per conoscenze, crescere insomma e scoprono che in Italia non è possibile. Non è possibile per un giovane essere "normale". Da qui la rabbia di questi ragazzi miti. Anche un po' secchioni. Luca e altri, con Francesco e Vanessa, ieri ospiti di Santoro, hanno tirato l'alba a studiare la legge Gelmini nei minimi particolari, scovando un'infinita serie di contraddizioni. Un bel lavoro e anche una lezione per l'opposizione parlamentare che deve aspettare la Gabanelli per accorgersi della norma salvamanager infilata nel decreto Alitalia. "La legge è piena di cazzate" mi spiegano "Taglia i fondi per la ricerca, che in Italia è l'uno per cento del Pil contro il tre della media europea e del trattato di Lisbona. Riduce il numero dei ricercatori che da noi sono tre ogni mille abitanti, contro l'obiettivo di otto. Non taglia le sedi universitarie, che in Italia sono 115, più di una per provincia, con decine di corsi frequentati da un solo studente. Soltanto Roma ha sedi decentrate a Civitavecchia, Rieti, Pomezia: Ma quelle rispondono a interessi clientelari".

Ilaria, che incontro a Fisica, "ci vediamo sotto la lapide di Fermi", snocciola dati statistici come formule, sospira e conclude: "Non che m'interessi più di tanto, perché fra un anno vado in Inghilterra. Però mi sembra giusto dirlo, protestare finché si può". Il Dipartimento di Fisica, quello di Fermi e Amaldi, è il fiore all'occhiello della gloriosa e ormai sfasciata Sapienza. E' quarta nelle classifiche europee, fra le prime dieci del mondo, dentro un'università che non compare neppure fra le prime cento. La fuga dei cervelli all'estero è la norma e cresce di anno in anno.

Nell'"Onda" Fisica è stato il laboratorio creativo. Il corpo docente, fra i migliori d'Italia, ha appoggiato senza riserve la protesta. "Tanto con l'appello contro la lectio magistralis del Papa ci aveva già criminalizzato. Peggio non può succedere". Fernando Ferroni, professore di fisica delle particelle elementari, presidente dell'istituto nazionale di fisica nucleare, uno degli scienziati che ha collaborato all'accensione dell'Lhc al Cern di Ginevra, è solidale ma pessimista sulle sorti dell'Onda: "Hanno ragione da vendere ma il clima culturale è il peggiore possibile. Non c'è sensibilità per questioni complesse come la formazione, la ricerca. Il governo fa discorsi primitivi, insensati ma efficaci. L'opposizione ne sa poco o nulla. Non ha capito la portata del disegno. Qui stanno dismettendo l'istruzione pubblica, un pezzo per volta. E' una cosa mai successa in nessuna parte del mondo civile. Negli Stati Uniti, il paese più malato di iper capitalismo, l'università pubblica rimane ancora fortissima. Uno studente di Fisica può scegliere di pagare quattromila dollari a Berkeley o quarantamila a Stanford, ma la qualità è la stessa, alla fine si spartiscono lo stesso numero di premi Nobel. Per non parlare dell'Europa. Qui invece fra pochi anni l'istruzione pubblica, di questo passo, sarà relegata alla marginalità, alla serie B, a quelli che non possono permettersi di meglio. Il tema è enorme, tocca l'essenza dei diritti di cittadinanza, ma temo che non passerà. Criminalizzeranno la protesta, faranno scoppiare qualche incidente, e i media andranno dietro l'onda, l'altra, quella del potere. Bisognerebbe bucare questo muro di conformismo, ma come?" Gli studenti si sono posti il problema d'"inventarsi qualcosa di nuovo", ne discutono in assemblea, su Internet, chiedono idee, consigli. "L'importante è evitare paragoni col passato, gli slogan in rima, le bandiere della politica, le stesse forme di lotta di fronte alle quali la gente dice "l'ho già visto"e passa oltre" spiega Laura, 23 anni, delegata alla comunicazione di Fisica. "Ci siamo inventati le lezioni in pubblico, con la lavagna a Piazza Farnese, un successo con i passanti che si fermavano a chiedere. Venerdì (oggi, ndr) saremo a Montecitorio".

Sono rimasti a discutere le nuove forme di lotta fino alle tre, poi è entrato Stefano con le birre. "Che ha fatto la Roma?" "Lasciamo perdere... Aò, ma la volete smettere col dibattito? E fateve 'na birra, 'na canna, che so". Bisogna fare la colletta per i cornetti. Che cosa? "Al picchettaggio offriamo cornetti agli studenti che vogliono entrare. Li hai mai visti i picchetti con i cornetti? Lo voglio vedere Berlusconi che manda l'esercito. A noi non ci fregano con le provocazioni, non ci vedrai mai fare questo". E mostra il gesto della P38". Chissà se non li fregano. Quarant'anni fa era cominciato con le colazioni ai bambini poveri, i sit-in pacifici, il clima da "Fragole e sangue", ingenuo e fiducioso. Fino alla prima carica della polizia. Stefano prende la chitarra, sono ormai le tre, per tenere sveglia la truppa. Nella musica sono conservatori, l'eterno rock, i vecchi cantautori, da De Andrè a Ligabue, che ormai viaggia per i cinquanta. Alle quattro crolla pure il cantante, qualcuno si rinchiude nei sacchi a pelo, altri s'infrattano, qualcuno riprende a discutere fino all'alba, a parlare dei propri sogni, come tutti a vent'anni, mentre il sole sorge sempre da un'altra parte.

Curzio Maltese
(24 ottobre 2008)

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