La grande città si svuota e frotte di turisti si riversano nelle località di villeggiatura.
Il sette di agosto di tanti anni fa.
Nel 1971 la prima settimana del mese è identica alle restanti tre.
Qui al nord la città si svuota, tanto che sulle prime pagine dei giornali si leggono notizie "clamorose" legate alla mancanza di generi alimentari e alla scarsità di servizi, non c'è davvero più nessuno o almeno, c'è ancora chi in verità sta per partire e chi per lavoro garantisce l'apertura degli uffici pubblici.
Sono passati tanti anni, ma non è per nulla difficile immaginare la famiglia milanese o torinese crogiolarsi al sole delle accoglienti spiagge a pagamento del mar ligure, oppure figurarsi la manodopera meridionale delle grandi fabbriche che si ricongiunge in una tradizione ormai non più così attuale con la parentela di "giù", affrontando viaggi epici a bordo di lucide utilitarie cariche di bagagli.
L'afa, quella invece non richiede immaginazione, l'infelice somma algebrica di calore più umidità, la zia antipatica e appiccicosa che ti viene a trovare in estate mettendoti in imbarazzo se non hai la maglietta di cotone sotto la maglia o la camicia, bighellona impertinente sotto il sorridente sole d'estate.
L'Università essendo struttura pubblica si mantiene aperta e, allora diversamente da oggi, è accessibile attraverso vari ingressi non presidiati.
Nulla da sorvegliare ovviamente: qualche studente in cerca di informazioni, un professore che si defila rapido, giusto per dare una sistemata all'ufficio e chiudere le ultime questioni prima del nuovo anno scolastico, la bidella che sorridente gesticola in portineria salutando le colleghe che ultimano le pulizie annuali.
Verso le tredici alcuni operai che rifanno il pavimento di un'aula invasa dall'acqua in seguito a una perdita delle tubazioni dell'impianto di riscaldamento avvenuta in inverno, escono per un caffè da sorseggiare al chiosco sotto gli alberi.
Sono le tredici e tredici minuti di questo sabato senza pretese e questo edificio enorme, dalle centinaia di stanze e antri è stato incautamente abbandonato, lasciato incustodito.
Un lungo corridoio al quarto piano e una figura che vi scivola sopra.
I passi leggeri di una donna sulla trentina riecheggiano e sono amplificati fin dentro le aule sgombre, con i banchi ammassati alle pareti e le lavagne ancora imbrattate di scritte goliardiche malamente cancellate.
E' arrivata qua per caso, in cerca dei servizi igienici.
Giorno di preparativi per la partenza questo, sulla via del ritorno ha avvertito un certo bisogno e, pensando bene di non tormentarsi fino a casa ha preferito una veloce "sosta rigenerante" nei bagni dell'ateneo.
Laureata da qualche anno, conosce bene questi ambienti e anche se è sola non si sente a disagio, e poi ai piani inferiori tutto è transennato per i lavori, si è trattato semplicemente di ovviare al contrattempo salendo due rampe di scale in più.
La prudenza, un concetto vagamente oggettivo, una delle tante branche dell'evanescente "buon senso".
L'imprudenza, nome comune di cosa che in realtà si identifica il più delle volte a posteriori.
Di una persona cui è andata bene non si dice mai che è stata imprudente.
A volte, di qualcuno che ha corso dei rischi, si dice che è stato coraggioso, più frequentemente invece non si dice proprio nulla.
L'imprudenza compare nei discorsi quando si cerca di dare una spiegazione, quando si tenta di inserire in un ordine di cose razionale ciò che è troppo sconvolgente perché sia accettato così com'è.
Ecco che scelte serene e disinvolte, agli occhi dei commentatori si trasformano in atti imprudenti e incauti.
Una donna che entra in una toilette.
Un lungo corridoio al quarto piano dell'Università e una seconda sagoma che vi serpeggia con cautela.
L'ombra imponente si profila lungo il percorso già seguito da chi è entrato in quel bagno.
Introducendovisi.
Il lunedì mattina uno studente in cerca di un ufficio, passando di fronte a quella porta ode il frastuono dell'acqua che scroscia copiosa da un rubinetto lasciato aperto.
Incuriosito, spalanca la porta e, dopo aver osservato la macchia rossa vicino alla maniglia, muove lo sguardo verso i lavandini.
Il fiato che impegna nel gridare gli impedisce di mantenere rapida la sua corsa verso l'appartamento del custode.
Alle ore 13 e 13 minuti del primo sabato dell'agosto 1971 una donna ha commesso un'imprudenza.
martedì 12 agosto 2008
(Im)Prudenza
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