martedì 20 gennaio 2009

L'illusionista




Manca un solo lampione, è il 1827.
Vienna, un'ultima timida fiamma da accendere in questa fredda sera di dicembre.
Uno sfrigolio lieve dovuto all’umidità dopodiché l'ennesima luce giallognola arde incerta illuminando fiocamente la via semideserta.
Il lampionaio scivola stancamente sui pioli con ancora nelle narici l'acre odore del gas e, caricata la scala in spalla, si dirige alla volta del vicolo che conduce al suo modesto alloggio.
Giunge di gran carriera una carrozza trainata da un cavallo al trotto, sfiora il pover uomo facendolo sussultare spaventato, interrompendo poi la sua corsa davanti alla solenne entrata del teatro Ronacher. 
Il vetturino apre la portiera, due giovani amanti vestiti a festa scendono lesti tra le risa e, attraversando l’ampio salone illuminato da un gigantesco lampadario, fanno il loro ingresso nel teatro gremito di aristocratici vocianti vestiti nei loro abiti migliori.

Poco lontano, nel solitario silenzio di un camerino dietro le quinte, un uomo con addosso un elegante abito da sera nero contempla la sua immagine riflessa nello specchio.
E’ l’illusionista.
Il prestigiatore, il maestro degli artifici, l’unico uomo ammirato per i suoi trucchi, la sola persona dalla quale gli uomini si lasciano ingannare di buon grado.

Questa sera è l’ultima di una acclamata serie ma a saperlo è soltanto lui.
Decine di anni, migliaia di esibizioni, e ogni volta la stessa sensazione, lo stesso brivido.
L’uguaglianza sembra ripetersi senza variazioni.

Spettacolo uguale sfida.

Da una parte lui, con le sue trovate, le sue invenzioni, la sua capacità di regalare sogni realizzando l’illogico e l’impossibile, dall’altra il pubblico.
Con il suo desiderio di non arrendersi a un’evidenza inconcepibile e irrazionale, con la volontà di carpire il segreto dell’esibizione, il meccanismo nascosto che consente a un uomo di poter eseguire atti eccezionali alludendo all’idea che siano frutto di capacità straordinarie.
E anche se si continua a ripetere che è tutta un’illusione, non serve, agli spettatori non interessa la verità, sono l’incanto e il fascino emanati dalla sua figura che eccitano le folle accorse ad ammirarlo.
Ma si tratta pur sempre di un duello. Sì, una sfida. Non è consentito alcun grado di imperfezione, l’impossibile è esibito di fronte a centinaia di occhi attenti e scrutatori, sarebbe sufficiente un unico numero mal interpretato per spezzare quell’aura di seduzione che l’illusionista effonde intorno a sé.

Quella del prestigiatore è una finzione nei confronti della quale addolora il dover dubitare.

Buio in sala, silenzio tra il pubblico, l’uomo abbandona la sua figura rivelata nello specchio e attraversa gli spazi dietro al palco.
In scena.
Gli spettatori attendono palpitanti.
“Signori e signore buonasera, siete i benvenuti. 
Concedetemi un’audace dichiarazione, consentitemi una sfrontata promessa: questa sera sognerete senza dormire, volerete senza battere le ali.
Permettetemi di augurarvi di tutto cuore che in questa fredda sera d’inverno riscopriate e risvegliate la parte più innocente di voi stessi, la fantasia.”
“Ohhhhh” – replica la folla.
“Questo teatro, questo palco, me e voi. Eccoci qui pronti a sfidare le rigide regole del razionale. E’ solo grazie all’illusione che ciò che possiamo soltanto immaginare, diviene reale, anche se per i pochi momenti che trascorriamo in questo teatro insieme.
Ma una cosa è certa: se siete qui è perché ritenete che qualcosa vi possa ancora stupire, perché non avete abbandonato la speranza di restare a bocca aperta ancora una volta.
E se alla fine dello spettacolo sarete soddisfatti di quello che avrete visto, se vi sentirete persone migliori per il solo fatto di esservi emozionati davanti alle contraddizioni di una realtà impossibile al di fuori di questo luogo, ebbene sì, allora realizzerete che la parte più bella di voi, la fantasia, l’ingenuità che accomuna il sentire di ogni bambino, occupa ancora un posto nel vostro cuore.
 
Lo spettacolo è il mio. La fantasia è la nostra ma ricordate, ricordate che l’illusione più grande...”

Un’esitazione. L’illusionista guarda il suo pubblico rapito e si smarrisce. Le labbra tremano.
Lasciata la frase inelegantemente tronca, dopo pochi istanti porge un inchino e svanisce dietro il rosso sipario.
Applausi.

Lo show può ora iniziare.
Il più grande prestigiatore di tutti i tempi porta in scena uno spettacolo straordinario, soddisfa gli occhi e appassiona i cuori, nessuno resta impassibile.
Un’esibizione impossibile da raccontare a voce, ancor più difficile da descrivere attraverso lettere, parole e periodi.
Certi eventi non si raccontano, non si scrivono ma si leggono soltanto.
Negli occhi di chi li ha vissuti. 

Di quella sera ci è dato sapere soltanto ciò che si verifica a notte inoltrata, quando la folla incantata e sognante si è già dispersa festosa per i mille vicoli che si dipartono dai boulevard e nel teatro non è rimasto che l’artista.
L’illusionista esce e si appresta a salire sulla carrozza.
Ma prima che possa dare l’ordine di partire, si affaccia improvviso al finestrino un ragazzino dallo sguardo sveglio e intelligente, dagli abiti semplici e a dire il vero un po’ fuori misura.
Anche lui ha assistito allo spettacolo; certo, non poteva permettersi la platea, è riuscito a seguirlo dall’angolo in fondo al teatro.
Poco male, non serve pagare biglietti quando tuo padre lo conoscono tutti e si è amici del ragazzo addetto alle luci di scena.

Il prestigiatore sorpreso e un po’ interdetto dall’inaspettata comparsa, chiede gelido: “E tu? Si può sapere che vuoi?”.
“Signore, mi è piaciuto molto il vostro spettacolo, dico davvero. Domani racconterò tutto ai miei amici, questo è sicuro. Ma c’è qualcosa che non ho capito. Quando vi siete introdotto, nel vostro discorso avete detto che ‘l’illusione più grande è...’ e poi vi siete fermato. Ditemelo, non che mi sveliate i vostri straordinari trucchi, vi prego soltanto di dirmi qual è l’illusione più grande, voi siete sicuramente l’unico che può saperlo veramente.”
L’illusionista distende il viso in un sorriso appena accennato.
E dopo una pausa risponde.

“Caro ragazzo, l’inganno più importante è anche quello più crudele. E’ quello che non ti permette di provare la soddisfazione che deriva dai tuoi successi, è quello che rende oltremisura insopportabili le sconfitte. La più grande illusione è credere di poter essere amati o stimati nella misura in cui ci si avvicina al proprio ideale di perfezione.”

La carrozza si allontana svanendo nella nebbia mentre un ragazzino attonito e un po’ deluso riprende lento il cammino verso casa.

Quella del lampionaio.

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