sabato 11 novembre 2006

Notte prima degli esami




"Quando l'ultimo giorno di scuola dell'ultimo anno di liceo suona la campanella dell'ultima ora tu sei convinto che quello sia l'ultimo secondo della tua adolescenza ... senti il bisogno di sottolineare l'evento con una frase storica tipo "Che la forza sia con noi" oppure "Campioni del mondo, campioni del mondo" ...

Quella
notte è andata così ... eppure me la ricorderò per sempre perchè era una notte speciale ... ma io la magia di quella notte, come spesso accade nella vita, non l'ho più ritrovata."


Ho rivisto l’altra sera “Notte prima degli esami”. Quando c’è da ravanare nei ricordi, da masturbarsi con il passato, da sfiancarsi per la nostalgia io sono sempre in prima fila.
Il buffo è che non ricordo nulla di quella mitica notte e pochissimo del giorno dopo. Si lo so è passato tanto tempo, troppo tempo. Mi sovvengono solo dei flash. Mi ricordo mentre farneticavo davanti alla commissione su un’interpretazione cristologica di Pinocchio o gli occhi terrorizzati di Ruggero detto “Fisherman” che fece una clamorosa scena muta e poco altro.

Perché ci appaiono straordinari quegli anni? Forse perché ci divertivamo o forse semplicemente perché il futuro ci sembrava amico, gravido di chissà quali tesori mentre oggi quel futuro è già quasi passato.

Ci siamo persi un po’ tutti di vista. Quando vedo film come “Compagni di scuola” o lo stesso “Notte prima degli esami” mi piacerebbe poter organizzare una rimpatriata. Sarebbe bello potere vedere che faccia abbiamo dopo alcuni anni; o forse no.
Con qualcuno ci siamo rivisti. Con Miletto, genio e sregolatezza siamo andati a bere qualcosa insieme. Si ricordava ancora il mio numero di telefono. Peccato non l’abbia più usato.
Poi alcuni incontri casuali. Pinuccio detto “Cioccia” si materializzò una mattina di un sabato al bancone di un autogrill della tangenziale. Vai a capire perché l’unica immagine che ho di lui è sul 38, pigiati come sardine, mentre guardavamo rapiti la brunetta della terza H.

Il mitico 38, Piazza Massaua, Corso Francia, Viale Gramsci. Ricordo ancora la scritta che ogni giorno intravedevo dai finestrini: “Se non vivi come pensi, finisci di pensare a come vivere”. Credo fosse scritta sui muri di una scuola media. Chissà perché me la ricordo.

Dove sei Tarizzo? Mi mancano i tuoi tonanti “Mah” pronunciati durante le asettiche lezioni di elettronica col professore rigorosamente di spalle. Erano più che semplici dubbi. Erano una dichiarazione programmatica, un mantra esistenziale profetico.
E tu Secchi, che fine hai fatto? Te la ricordi ancora la tua versione porno di “Voglia una vita spericolata” di Vasco. Non te l’ho mai detto ma era un capolavoro.

Poi, dopo anni di vuoto, Pasquale. Mi ero da poco trasferito nei nuovi uffici, nel “lager” di Corso Bramante e tu sbucasti da un’ascensore, un fantasma del passato redivivo. Il tuo sorriso sghembo, il tuo fisico da palestrato in pensione, la stessa camicia bianca della foto di classe. Scoprire che lavoravi nell’ufficio dietro il mio fu il più bel regalo.
Venivo a trovarti appena potevo e ogni volta era la stessa storia. Ti abbracciavo, “Dai fai il muscolo … che pezzo d’uomo … fai sentire la tetta”.
Mostravi con piacere le tue foto dei tuoi viaggi in Africa, avevi una compagna della Costa D’Avorio. Ce n’era una, in cui tu, unico bianco, eri circondato da tutti i tuoi parenti africani. L’appendesti sopra la tua scrivania ridendo. Andammo anche in palestra insieme.
Poi, mi ricordo era gennaio, l’ultimo viaggio. “Vado dai suoceri”. Non ricordo nemmeno se ci salutammo come si deve. Ricordo solo la faccia stravolta del tuo collega che mi fermò dicendo: “Hai saputo di Pasquale?”.

A distanza di mesi sono tornato in quello che era il tuo ufficio ma la tua foto non c’è più. Mi è rimasta solo l’altra dove tu mi sorridi nel gruppo dei compagni con la tua camicia bianca. Ciao Pasquale, e ciao anche voi ragazzi. Che la forza sia con voi.

P.S. ma come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati?

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