martedì 30 dicembre 2008
Un guardiano silenzioso
lunedì 22 dicembre 2008
Stimolare il pensiero. Lezione uno - Il finto Cinismo
mercoledì 17 dicembre 2008
Tu non sai
No, tu non ti rendi conto di chi hai davanti, io sono ciò che ho visto.
lunedì 15 dicembre 2008
Mal che vada
venerdì 5 dicembre 2008
Dolci e graffianti. Come le rose.
This I love
And now I don’t know why
She wouldn’t say goodbye
Then it seems that I
had seen it in her eyes.
Though it might not be wise
I still have to try
for all the love I have inside
I can’t deny…
I just can’t let it die
Cause her heart is just like mine
She holds the pain inside…
So if you ask me why
she wouldn’t say goodbye
I know somewhere inside…
There is a special light
still shining bright
and even on the darkest night
she can’t deny
So if she’s somewhere near me
I hope to God she hears me
There’s no else that could ever make me feel
I’m so alive
I hoped she never leave me
Please God you must believe me
I’d search the universe
and find myself within her eyes
no matter how I try
to say it’s all a lie
she what’s the use of my
confessions of a crime
Of passion that won’t die
in my heart…
So if she’s somewhere near me
I hope to God she hears me
There’s no else that could ever make me feel
I’m so alive
I hoped she never leave me
Please God you must believe me
I’d search the universe
and find myself within her eyes
So if she’s somewhere near me
I hope to God she hears me
There’s no else that could ever make me feel
I’m so alive
I hoped she never leave me
Please God you must believe me
I’d search the universe
and find myself within her eyes
And now I don’t know why
She wouldn’t say goodbye
it just might be that I had seen it in her eyes
and now it seems that I
gave up my sense of pride;
I’ll never say goodbye…
Ciò che amo
E ora non so perchè
Lei non dovrebbe dire addio
Poi sembra che io
L'abbia visto nei suoi occhi
Anche se potrebbe non essere saggio
Posso ancora provarci
Per tutto l'amore che ho dentro
Non posso negarlo...
Non posso lasciarlo morire
Perchè il suo cuore è come il mio
Lei si tiene dentro il dolore
Perciò se mi chiedi perchè
Lei non dovrebbe dire addio
So che da qualche parte dentro ...
C'è una luce speciale
Luminosa, che ancora brilla
E anche nella notte più buia
Lei non lo può negare
Perciò, se lei è da qualche parte vicino a me
Prego Dio perchè lei mi ascolti
Non c'è nessun altro che potrebbe farmi sentire così
Sono così vivo
Speravo che lei non mi avrebbe mai lasciato
Dio ti prego, devi credermi
Vorrei cercare nell'universo
E trovarmi con i suoi occhi
Non importa come ci provo
Dire che è tutta una menzogna
Lei vuole usarmi
Le confessioni di un crimine
Della passione che non morirà mai
Nel mio cuore...
Perciò, se lei è da qualche parte vicino a me
Prego Dio perchè lei mi ascolti
Non c'è nient’altro che potrebbe farmi sentire così
Sono così vivo
Speravo che lei non mi avrebbe mai lasciato
Dio ti prego, devi credermi
Vorrei cercare nell'universo
E trovarmi con i suoi occhi
Perciò, se lei è da qualche parte vicino a me
Prego Dio perchè lei mi ascolti
Non c'è nessun altro che potrebbe farmi sentire così
Sono così vivo
Speravo che lei non mi avrebbe mai lasciato
Dio ti prego, devi credermi
Vorrei cercare nell'universo
E trovarmi con i suoi occhi
Ed ora non so perchè
Lei non dovrebbe dire addio
Ed ora sembra che io
Abbia rinunciato al mio orgoglio
Non dirò mai addio
venerdì 28 novembre 2008
Neve
venerdì 21 novembre 2008
mercoledì 19 novembre 2008
Apologia delle belle ragazze
garzantilinguistica.it
Bella non è soltanto un aggettivo.
In passato era anche un nome comune di persona.
Il cavaliere rinascimentale poteva soccombere in un duello al quale aveva preso parte per difendere l’onore della sua “bella”.
Quindi, anche se bella non era, un tempo, qualsiasi donna innamorata veniva considerata “bella”.
Le cose sono cambiate.
I cavalieri sono morti tutti e una bella ragazza oggi sa di esserlo anche se non è innamorata.
Il fatto che una persona sia cosciente della propria bellezza non necessariamente è prova inconfutabile di presunzione, alterigia o immodestia.
E' necessario considerare che non sempre ma spesso, una bella ragazza è stata anche una bella bambina e, con buona probabilità, già dai primi anni della sua vita è stata abituata a ricevere lusinghe e adulazioni a costo zero.
Una formazione di questo tipo ha indotto la bimba in questione a considerare come metro per valutare sé stessa la qualità e la quantità di complimenti che riceveva. Ciò che conta era dare una buona impressione, una brutta figura sarebbe stata un’indicazione del proprio scarso valore, una vera e propria tragedia.
Era importante quindi fare molto e fare bene, non tanto per il proprio gusto, quanto per compiacere ancora maggiormente chi pensava che una bambina, la quale oltre a essere bella si fosse anche dimostrata brillante, sarebbe stata un qualcosa di meraviglioso.
Triste esito di una tale convincimento è lo sviluppo di una sicurezza interiore che poggia maldestramente sul livello di attenzioni che si riesce a ottenere di volta in volta: nelle varie circostanze in cui si verrà a trovare, quella bimba ora diventata ragazza più si sentirà insicura, di maggior intensità sarà il suo impegno nel conquistarsi la compiacenza altrui.
Diventa così meno complicato agli osservatori senza pregiudizi intuire le ragioni di una certa ruffianeria che caratterizza il comportamento di buona parte delle belle ragazze.
Non è altresì raro che come reazione a questi atteggiamenti, le altre ragazze le emarginino soprattutto in occasioni che prevedono contesti sociali misti.
L’isolamento risulta evidente dal fatto che il più delle volte si ritrova attorniata più che da amiche con le quali condividere e confrontare pensieri, idee e sentimenti, da sedicenti “amici” pronti a puntellare e sorreggere ogni suo bisogno di conferme.
Questa condizione anche se in parte gratificante, concorre ad alimentare sentimenti di inadeguatezza specialmente quando nonostante i suoi sforzi per mettersi in evidenza, ella non riesce ad attrarre a sé proprio quelle persone che considera più interessanti, così diverse dagli incensanti e noiosi corteggiatori di cui si circonda.
E come al solito, i sentimenti di inettitudine generano una rabbia, una collera, che di tanto in tanto esplode traducendosi in gesti stizziti e distruttivi.
Diversamente da coloro che meno dotate esteticamente, sono 'costrette' a emergere sviluppando altre doti e abilità nel campo dei rapporti umani, dell'amicizia e a volte del difficile confronto tra idee contrastanti per far breccia nel campo 'visivo' altrui, la bella ragazza trova sempre, per usare un'espressione colloquiale, la 'pappa pronta'.
Non proprio.
Non è per niente vero che per lei sia tutto facile.
Per quanto nella nostra società la bellezza femminile apra alcune porte, forse le più banali e scontate, è anche giusto riconoscere che ne chiude anche di altrettante significative.
Per esempio è comune l’idea (a volte fondata) che una bella ragazza ottenga promozioni e riconoscimenti non per particolari meriti ma perché qualcuno tenta di ingraziarsela.
E non è bello essere oggetto di pregiudizio.
Anche le belle ragazze soffrono.
Uno dei momenti più difficili nella vita di una bella ragazza è quando, passati gli anni della spensieratezza, inizia a chiedersi quale è il suo reale peso nel mondo ovvero quando realizza che le sviolinate non sono ciò di cui ha realmente bisogno; nell'attimo in cui mette in discussione le cose che ha conseguito, chiedendosi che cosa ha fatto di speciale per ottenerle, domandandosi se il suo valore come persona corrisponde alla rilevanza dei complimenti gratuiti che è ormai abituata ad accettare come verità tranquillizzanti e da non discutere.
E' in quel momento, al sicuro nella sua torre d'avorio, circondata da cortigiani più o meno sinceri, che la bella ragazza per la prima volta accarezza l'idea di liberarsi di questa condizione che la eleva e la protegge rispetto agli altri ma che è egualmente limitante, più significativamente definibile come 'soffocante'.
Una bella ragazza, che abbia anche solo un minimo di capacità riflessiva, reagisce così in modo più o meno consapevole attuando espedienti abbastanza standard: belle ragazze che si infervorano nell'esprimere forti opinioni (ancora una volta attirandosi le antipatie delle altre indispettite dal fatto che una, oltre a essere di bella presenza ha anche delle idee), belle ragazze che sfoggiano giudizi freddi e inappellabili praticamente su ogni campo dello scibile umano tentando di dimostrare ciò che nessuno, se non loro stesse, ha mai messo in dubbio: ovvero che hanno un cervello; infine, belle ragazze che attendono il momento giusto per dire la cosa giusta nel modo giusto le quali sono lì, tese e silenziose ad aspettare un momento astratto, che non esiste e che non arriverà mai.
La questione in realtà riguarda tutti, ragazzi e ragazze: l'eccellere, il distinguersi per qualche motivo rispetto alla media genera da un lato ammirazione, dall'altro invidia e competizione.
Spiccare nei più svariati campi, fisico, lavorativo, economico, estetico e/o intellettuale solo per citarne alcuni, significa andare a stuzzicare la curiosità di qualcuno e l'insicurezza di qualcun altro.
Complimenti e cattiverie. Nascono nello stesso modo.
Essere consapevoli di ciò è il primo passo per non esserne travolti, dagli uni come dalle altre.
La Bellezza attrae, è un fatto innegabile.
La Grazia affascina.
Perché viene da dentro.
lunedì 17 novembre 2008
Le regole dell'attrazione
mercoledì 12 novembre 2008
Nobel per la pace a Cristina D'Avena
E' la semplice sigla di un cartone animato di cui nessuno ricorda più neanche il titolo.
Forse ci si è dimenticati che si possono dire cose importanti anche senza passare dagli sguardi imbronciati e seriosi di rockstar decadenti e politici di alto rango.
mercoledì 5 novembre 2008
Buongiorno #5
lunedì 3 novembre 2008
Scoop #1c
LA STAMPA 03/11/2008
Scoop #1b
Scoop #1a
Scoop #1
martedì 28 ottobre 2008
Perequazione di guai
Studenti in corteo, Repubblica, 27/10/2008
Sono già alcuni giorni che andando a lavoro, noto curioso una studentesca di ragazzi intorno ai quindici anni. Intonano cori tipo: "Gelmini, Gelmini, vaff...o!".
Difficile dar loro torto. Mariastella Gelmini, classe 1973, è una donna piuttosto giovane, magari anche scaltra; ma che al posto di rappresentare un reale cambiamento nella politica italiana fatta da soli-vecchi e uomini-soli, altro non è che una "front-woman". Insomma la squallida valletta di una politica che -- di fronte alle tempeste che si abbattono sul Paese e più ancora sul mondo -- può solo correre ai ripari, e tentare di proteggere se' stessa, in quanto classe.
Perciò, le leggi e i decreti di questi mesi, non già volti alla regolamentazione di un nuovo sistema scolastico, sono invece tesi al becero risparmio economico -- lo capisce anche un quindicenne; come di una famiglia che di fronte all'indebitamento, decide di tagliare sui costi del cibo, comprando roba scadente.
Allora, forse, anche alla Gelmini, difficile darle torto. Intanto perché è solo una donna usata, prototipo ahimè della donna del XXI secolo; in questo caso da Tremonti, il Ministero dell'Economia delle Finanze, e chissà chi altro dell'alta finanza italiana; meglio, di quel che ne resta. Poi, perché in fin dei conti cercano solo di salvare un'azienda in fallimento. Che poi, fra l'altro, chi glielo spiega che la gente non è un'azienda?
Comunque, mi colpisce che nella legge n. 133 del 6 agosto 2008 -- forse la più importante di queste anancronistiche disposizioni scolastiche -- c'è scritto "Disposizioni urgenti per [...] la perequazione tributaria".
Perequazione tributaria. Siamo proprio sicuri che stiano cercando di distribuire equamente i tributi, le tasse?
venerdì 24 ottobre 2008
Io non ho paura
Scusate se faccio l'ennesimo post pseudo politico. Ma la politica non c'entra nulla. E' solo la curiosità di capire quello che mi passa accanto; è solo la sorpresa di vedere una società narcotizzata da media compiacenti, dalla rassegnazione dalla superficialità reagire.
Non importa se, come è probabile, non cambierà nulla, se tutto verrà, come spesso capita in questo Paese, presto dimenticato ma è bello vedere migliaia di ragazzi, di persone almeno per qualche giorno smettere di pensare a se stessi, allontanarsi da quel desolante orticello dell'oggi, del mordi e fuggi e occuparsi, insieme ad altri, di quello strano oggetto chiamato futuro.
ROMA - "Sai cosa c'è? Alla fine uno si rompe le balle di avere paura. Ho 22 anni e vivo ogni giorno a sotto ricatto. Paura di non farcela a riscattare tutti i crediti, del contratto da precario in scadenza, di non poter più pagare l'affitto e dover tornare dai miei, di non trovare un vero lavoro dopo la laurea, della crisi mondiale e dell'aumento delle bollette. Campo a testa china e tiro avanti sperando che domani sia migliore. Ma se mi dicono che domani non c'è più, l'hanno tagliato nella finanziaria, allora basta. Non mi spaventa più Berlusconi che dice di voler mandare la polizia. Non mi spaventa nulla, sono stufo. E finalmente, respiro". Marco è uno degli studenti della Sapienza che occupano la facoltà di Lettere. È lui ad aver proposto in assemblea alla Sapienza lo striscione che oggi è su tutte le facoltà occupate d'Italia: "Io non ho paura", in risposta alle minacce di Berlusconi, al solito smentite. "Non scrivere leader, che mi sfottono. Promesso?".
Sono le nove e sulla Roma autunnale è calata un'improbabile notte di primavera. Improbabile come questo movimento, nato nel momento peggiore, cresciuto oltre ogni previsione, senza neppure il tempo di darsi un nome. Per trovarlo hanno indetto un referendum sul sito della rivolta universitaria, www.UniRiot.org, e l'ha spuntata "Onda anomala". In breve, "l'onda", "noi dell'onda" dicono, come fossero contradaioli.
Avete presente il '68, il '77? Altra storia. L'arrivo alla facoltà occupata è confortante o deludente per chi ha in mente e negli occhi la Sapienza delle assemblee oceaniche sessantottine o il teatro di guerra della cacciata di Lama. C'è un gran silenzio. Si sentono echi di radiocronache di pallone, autoambulanze lontane, perfino un coro classico che prova nella facoltà di Fisica. Pochi ragazzi nella piazza, sui viali qualche sperduto capannello. Vuoi vedere che è la solita montatura nostalgica di un '68 che non può tornare? Ma dentro le aule, i dipartimenti brulicano di centinaia di ragazzi che discutono, studiano, lavorano al computer, organizzano le manifestazioni del gran giorno, oggi, davanti al Senato. Tessono reti in tutta Italia ed è un bollettino di guerra: "Ore 11: Occupata Roma Tre! Ore 15: occupata Ingegneria! Ore 19: occupata l'Orientale di Napoli!". E poi Firenze, Cagliari, Napoli, Bologna: "Stiamo vincendo!". Giancarlo Ruoco, capo dipartimento di Fisica, 49 anni, un passato giovanile nei movimenti, osserva: "Il paragone di numeri col '77 è improponibile, ma di sicuro questo è il movimento studentesco più partecipato degli ultimi trent'anni. Non c'è Pantera o protesta contro la riforma Moratti che tenga. Allora eravamo quasi più docenti che studenti in piazza. Ora sono il doppio, il triplo, e sembrano decisi ad andare fino in fondo".
Quando i telegiornali della sera hanno diffuso il diktat poliziesco di Berlusconi, i ragazzi più grandi hanno brindato con birre e applausi, fra gli sguardi perplessi e intimoriti delle matricole. Che c'è da festeggiare se il premier minaccia manganellate? "Il fatto è che gli stiamo mettendo paura, noi a loro. È la reazione scomposta di uno che si sente debole, che non si aspettava tutto questo, non ha una strategia e pensa di risolvere al solito modo, con la polizia, come si trattasse di rifiuti, camorra o periferie insicure". Chi parla è Luca, 23 anni, un'ottima laurea in lettere a Milano, venuto a Roma per specializzarsi in filologia romanza. È di Monza: "Perfino lì hanno cacciato la Gelmini da un comizio, e non se l'aspettava. A Monza, dov'è nata la Lega, cinquant'anni di Dc. Non hanno proprio capito che la politica non c'entra, la sinistra qui non comanda niente. Quando è venuta la ragazza mandata da Veltroni (Giulia Innocenzi, ndr), chiaramente in vista della manifestazione di sabato, le abbiamo strappato i volantini. La Cgil ha cercato di mettere il cappello sul movimento e li abbiamo costretti ad arrotolare le bandiere rosse. Per me il Pd significa poco, l'opposizione è inesistente, Berlusconi non è chissacché, non mi suscita nessun sentimento. È soltanto un vecchio che fa discorsi vecchi. Insomma, qui non c'entra la politica, c'entra la vita. Il mio futuro, quello di Francesco, Vanessa, Ilaria...".
"La mia vita attuale è questa. Studio come un pazzo per finire in fretta e bene, lavoro in un call center, dormo in una camera a 500 euro al mese. E sopporto pure che un Padoa- Schioppa o un Brunetta o una Gelmini mi diano del bamboccione o del fannullone. Ma non che taglino i fondi all'università per fare affari con l'Alitalia, aiutare la Fiat o le banche dei loro amici. La crisi io non la pago. Questa settimana di proteste è stata la più bella esperienza di questi anni. Si respira, si parla, si discute dei sogni, del futuro. Penso sia un mio diritto. Ai vostri tempi era magari diverso. I corsi universitari duravano mesi, avevi sempre gli stessi compagni, gli stessi professori. In ufficio o in fabbrica eri solidale con l'altro operaio o impiegato. Ora io seguo decine di corsi dove non incontro mai le stesse persone e poi lavoro in un call center dove il mio vicino di scrivania cambia sempre, a ogni turno, senza contare che abbiamo tutti le cuffie e non c'è neppure la pausa caffè. In questi giorni ho alzato la testa, mi sono guardato intorno, ho conosciuto studenti da tutta Italia, mi sento vivo".
E' un rivolta di bravi ragazzi, della nostra meglio gioventù. Non è una rivolta contro i padri, come furono le altre, ma di giovani che prendono sul serio le parole dei padri. Vogliono studiare, uscire di casa, fare carriera per meriti e non per conoscenze, crescere insomma e scoprono che in Italia non è possibile. Non è possibile per un giovane essere "normale". Da qui la rabbia di questi ragazzi miti. Anche un po' secchioni. Luca e altri, con Francesco e Vanessa, ieri ospiti di Santoro, hanno tirato l'alba a studiare la legge Gelmini nei minimi particolari, scovando un'infinita serie di contraddizioni. Un bel lavoro e anche una lezione per l'opposizione parlamentare che deve aspettare la Gabanelli per accorgersi della norma salvamanager infilata nel decreto Alitalia. "La legge è piena di cazzate" mi spiegano "Taglia i fondi per la ricerca, che in Italia è l'uno per cento del Pil contro il tre della media europea e del trattato di Lisbona. Riduce il numero dei ricercatori che da noi sono tre ogni mille abitanti, contro l'obiettivo di otto. Non taglia le sedi universitarie, che in Italia sono 115, più di una per provincia, con decine di corsi frequentati da un solo studente. Soltanto Roma ha sedi decentrate a Civitavecchia, Rieti, Pomezia: Ma quelle rispondono a interessi clientelari".
Ilaria, che incontro a Fisica, "ci vediamo sotto la lapide di Fermi", snocciola dati statistici come formule, sospira e conclude: "Non che m'interessi più di tanto, perché fra un anno vado in Inghilterra. Però mi sembra giusto dirlo, protestare finché si può". Il Dipartimento di Fisica, quello di Fermi e Amaldi, è il fiore all'occhiello della gloriosa e ormai sfasciata Sapienza. E' quarta nelle classifiche europee, fra le prime dieci del mondo, dentro un'università che non compare neppure fra le prime cento. La fuga dei cervelli all'estero è la norma e cresce di anno in anno.
Nell'"Onda" Fisica è stato il laboratorio creativo. Il corpo docente, fra i migliori d'Italia, ha appoggiato senza riserve la protesta. "Tanto con l'appello contro la lectio magistralis del Papa ci aveva già criminalizzato. Peggio non può succedere". Fernando Ferroni, professore di fisica delle particelle elementari, presidente dell'istituto nazionale di fisica nucleare, uno degli scienziati che ha collaborato all'accensione dell'Lhc al Cern di Ginevra, è solidale ma pessimista sulle sorti dell'Onda: "Hanno ragione da vendere ma il clima culturale è il peggiore possibile. Non c'è sensibilità per questioni complesse come la formazione, la ricerca. Il governo fa discorsi primitivi, insensati ma efficaci. L'opposizione ne sa poco o nulla. Non ha capito la portata del disegno. Qui stanno dismettendo l'istruzione pubblica, un pezzo per volta. E' una cosa mai successa in nessuna parte del mondo civile. Negli Stati Uniti, il paese più malato di iper capitalismo, l'università pubblica rimane ancora fortissima. Uno studente di Fisica può scegliere di pagare quattromila dollari a Berkeley o quarantamila a Stanford, ma la qualità è la stessa, alla fine si spartiscono lo stesso numero di premi Nobel. Per non parlare dell'Europa. Qui invece fra pochi anni l'istruzione pubblica, di questo passo, sarà relegata alla marginalità, alla serie B, a quelli che non possono permettersi di meglio. Il tema è enorme, tocca l'essenza dei diritti di cittadinanza, ma temo che non passerà. Criminalizzeranno la protesta, faranno scoppiare qualche incidente, e i media andranno dietro l'onda, l'altra, quella del potere. Bisognerebbe bucare questo muro di conformismo, ma come?" Gli studenti si sono posti il problema d'"inventarsi qualcosa di nuovo", ne discutono in assemblea, su Internet, chiedono idee, consigli. "L'importante è evitare paragoni col passato, gli slogan in rima, le bandiere della politica, le stesse forme di lotta di fronte alle quali la gente dice "l'ho già visto"e passa oltre" spiega Laura, 23 anni, delegata alla comunicazione di Fisica. "Ci siamo inventati le lezioni in pubblico, con la lavagna a Piazza Farnese, un successo con i passanti che si fermavano a chiedere. Venerdì (oggi, ndr) saremo a Montecitorio".
Sono rimasti a discutere le nuove forme di lotta fino alle tre, poi è entrato Stefano con le birre. "Che ha fatto la Roma?" "Lasciamo perdere... Aò, ma la volete smettere col dibattito? E fateve 'na birra, 'na canna, che so". Bisogna fare la colletta per i cornetti. Che cosa? "Al picchettaggio offriamo cornetti agli studenti che vogliono entrare. Li hai mai visti i picchetti con i cornetti? Lo voglio vedere Berlusconi che manda l'esercito. A noi non ci fregano con le provocazioni, non ci vedrai mai fare questo". E mostra il gesto della P38". Chissà se non li fregano. Quarant'anni fa era cominciato con le colazioni ai bambini poveri, i sit-in pacifici, il clima da "Fragole e sangue", ingenuo e fiducioso. Fino alla prima carica della polizia. Stefano prende la chitarra, sono ormai le tre, per tenere sveglia la truppa. Nella musica sono conservatori, l'eterno rock, i vecchi cantautori, da De Andrè a Ligabue, che ormai viaggia per i cinquanta. Alle quattro crolla pure il cantante, qualcuno si rinchiude nei sacchi a pelo, altri s'infrattano, qualcuno riprende a discutere fino all'alba, a parlare dei propri sogni, come tutti a vent'anni, mentre il sole sorge sempre da un'altra parte.
Curzio Maltese
(24 ottobre 2008)
martedì 14 ottobre 2008
Buongiorno #4
giovedì 25 settembre 2008
Sorriso
Il mio occhio sinistro, Samuel
Al di là dei suoi occhi color nocciola, ravvedo un'espressione fiera e sicura.
È straordinariamente bella!
Potrebbe fare la modella, o lavorare nel mondo dello spettacolo, non so. Ma che sa di essere bella si capisce.
Per qualche istante i nostri sguardi si sono incrociati. In tutto quattro nocciole, ferme. Forse le mie hanno detto queste cose alle sue.
Poi, lei ha sorriso.
giovedì 18 settembre 2008
Perchè si sogna?
domenica 7 settembre 2008
Felicità sospesa
L'aria frizzante, l'odore della vendemmia, una mattina di settembre.
Davanti al paesaggio collinare si staglia una donna dal viso radioso che stringe nel suo guanto bianco un piccolo bouquet di fiori arancioni. E' appena scesa da un'auto nera addobbata di fiocchi bianchi e rosa attirando l'attenzione, almeno per un giorno, di chiunque si trovi a portata di vista.
E non potrebbe essere diversamente.
E' raro ma capita.
Di percepire momenti come questi come eventi al rallentatore, caratterizzati da una felicità sospesa, da elementi reali, impossibili da individuare razionalmente ma certamente presenti e costitutivi di esperienze non eclatanti ma semplicemente genuine, per questo indimenticabili.
giovedì 4 settembre 2008
martedì 2 settembre 2008
CDG
Charles De Gaulle, Aeroporto Internazionale di Parigi.
La mezzanotte è passata da un pezzo ma sono troppo stanco per dormire.
Scomodi sedili grigi che danno sui corridoi raccolgono figure forzatamente composte che tentano il sonno nell'attesa di una chiamata dall'altoparlante.
Un barbone vestito in modo improbabile, un lungo cappotto di lana su maglietta e pantaloncini, ai piedi un paio di sandali, spinge stancamente un carrello colmo di buste della spesa malamente annodate.
Chiede l'ora ma guarda dritto davanti a sè. Poi ricomincia a camminare mentre parla da solo, felice di raggiungere un gruppetto vociante di amici ubriachi.
La pioggia si intensifica, la temperatura cala, sono le tre e il ticchettio delle gocce sulle vetrate accarezza l'udito di turisti sfiniti dal viaggio e dall'attesa.
Un movimento mi distrae: due occhi chiari e un po' arrossati per la stanchezza mi fissano dalla penombra cauti, indagatori.
Parlano, mi sembra chiedano, in realtà non dicono niente, niente che io possa intendere.
Ripeto: ho l'impressione che non volessero dire nulla, o chissà, forse non ho inteso io.
Che importa?
So che oggi sono pieni di lacrime, occhi che non sanno più dove guardare.
giovedì 14 agosto 2008
martedì 12 agosto 2008
(Im)Prudenza
La grande città si svuota e frotte di turisti si riversano nelle località di villeggiatura.
Il sette di agosto di tanti anni fa.
Nel 1971 la prima settimana del mese è identica alle restanti tre.
Qui al nord la città si svuota, tanto che sulle prime pagine dei giornali si leggono notizie "clamorose" legate alla mancanza di generi alimentari e alla scarsità di servizi, non c'è davvero più nessuno o almeno, c'è ancora chi in verità sta per partire e chi per lavoro garantisce l'apertura degli uffici pubblici.
Sono passati tanti anni, ma non è per nulla difficile immaginare la famiglia milanese o torinese crogiolarsi al sole delle accoglienti spiagge a pagamento del mar ligure, oppure figurarsi la manodopera meridionale delle grandi fabbriche che si ricongiunge in una tradizione ormai non più così attuale con la parentela di "giù", affrontando viaggi epici a bordo di lucide utilitarie cariche di bagagli.
L'afa, quella invece non richiede immaginazione, l'infelice somma algebrica di calore più umidità, la zia antipatica e appiccicosa che ti viene a trovare in estate mettendoti in imbarazzo se non hai la maglietta di cotone sotto la maglia o la camicia, bighellona impertinente sotto il sorridente sole d'estate.
L'Università essendo struttura pubblica si mantiene aperta e, allora diversamente da oggi, è accessibile attraverso vari ingressi non presidiati.
Nulla da sorvegliare ovviamente: qualche studente in cerca di informazioni, un professore che si defila rapido, giusto per dare una sistemata all'ufficio e chiudere le ultime questioni prima del nuovo anno scolastico, la bidella che sorridente gesticola in portineria salutando le colleghe che ultimano le pulizie annuali.
Verso le tredici alcuni operai che rifanno il pavimento di un'aula invasa dall'acqua in seguito a una perdita delle tubazioni dell'impianto di riscaldamento avvenuta in inverno, escono per un caffè da sorseggiare al chiosco sotto gli alberi.
Sono le tredici e tredici minuti di questo sabato senza pretese e questo edificio enorme, dalle centinaia di stanze e antri è stato incautamente abbandonato, lasciato incustodito.
Un lungo corridoio al quarto piano e una figura che vi scivola sopra.
I passi leggeri di una donna sulla trentina riecheggiano e sono amplificati fin dentro le aule sgombre, con i banchi ammassati alle pareti e le lavagne ancora imbrattate di scritte goliardiche malamente cancellate.
E' arrivata qua per caso, in cerca dei servizi igienici.
Giorno di preparativi per la partenza questo, sulla via del ritorno ha avvertito un certo bisogno e, pensando bene di non tormentarsi fino a casa ha preferito una veloce "sosta rigenerante" nei bagni dell'ateneo.
Laureata da qualche anno, conosce bene questi ambienti e anche se è sola non si sente a disagio, e poi ai piani inferiori tutto è transennato per i lavori, si è trattato semplicemente di ovviare al contrattempo salendo due rampe di scale in più.
La prudenza, un concetto vagamente oggettivo, una delle tante branche dell'evanescente "buon senso".
L'imprudenza, nome comune di cosa che in realtà si identifica il più delle volte a posteriori.
Di una persona cui è andata bene non si dice mai che è stata imprudente.
A volte, di qualcuno che ha corso dei rischi, si dice che è stato coraggioso, più frequentemente invece non si dice proprio nulla.
L'imprudenza compare nei discorsi quando si cerca di dare una spiegazione, quando si tenta di inserire in un ordine di cose razionale ciò che è troppo sconvolgente perché sia accettato così com'è.
Ecco che scelte serene e disinvolte, agli occhi dei commentatori si trasformano in atti imprudenti e incauti.
Una donna che entra in una toilette.
Un lungo corridoio al quarto piano dell'Università e una seconda sagoma che vi serpeggia con cautela.
L'ombra imponente si profila lungo il percorso già seguito da chi è entrato in quel bagno.
Introducendovisi.
Il lunedì mattina uno studente in cerca di un ufficio, passando di fronte a quella porta ode il frastuono dell'acqua che scroscia copiosa da un rubinetto lasciato aperto.
Incuriosito, spalanca la porta e, dopo aver osservato la macchia rossa vicino alla maniglia, muove lo sguardo verso i lavandini.
Il fiato che impegna nel gridare gli impedisce di mantenere rapida la sua corsa verso l'appartamento del custode.
Alle ore 13 e 13 minuti del primo sabato dell'agosto 1971 una donna ha commesso un'imprudenza.
mercoledì 30 luglio 2008
Riposi in pace
Shame (second attempt of 2) da www.paulbradley.ca
Ce ne siamo sbarazzati.
Un sentimento inopportuno, disturbante.
Il sistema ha soffocato la nostra capacità di provare Vergogna.
E' stata seppellita senza neanche un dignitoso funerale che ne ricordasse almeno qualche pregio.
Sì perchè la Vergogna qualche merito ce l'aveva:
quando ci si vergognava era un gran fastidio ma, passato quel momento, era rassicurante realizzare di avere una coscienza, quel meccanismo, quel dispositivo integrato nella persona che, senza ingranaggi o microchip svolgeva la funzione di giudice delle azioni.
Uhm forse funzionava così: si imparava dagli errori proprio perchè la coscienza consentiva di riconoscerli in quanto tali.
Ah già, la coscienza! Se non ricordo male era quella che poteva rimorderti anche se avevi compiuto qualcosa che ti era piaciuto un sacco.
Semplicemente assurdo: se una cosa mi piace perchè dovrei sentirmi male dopo averla fatta?
Da soffocare anche lei.
Non vogliamo rendere conto delle nostre azioni.
Non a Dio, non ai genitori, non allo Stato, a nessuno, tantomeno a noi stessi.
Hitler piuttosto che rispondere dei suoi atti preferì suicidarsi, Milosevic rifiutò di difendersi davanti al tribunale per i crimini di guerra, noi accendiamo la televisione.
E vediamo persone che considerano la Vergogna un impedimento al loro successo, non sanno che farsene, tanto che spesso preferiscono disfarsi di qualche imbarazzante residuo distribuendola attraverso quei tuonanti "E' uno scandalo! E' una vergogna!", ostentando visi mascherati di trucco e fondotinta, ipocritamente indignati.
Quando una collettività non conosce Vergogna significa che ha soffocato le singole coscienze.
E la coscienza era ciò che ci rendeva umani.
Se siamo arrivati qui è perchè l'abbiamo considerato una Vergogna.
lunedì 21 luglio 2008
martedì 8 luglio 2008
La disumanità del Potere
"Dobbiamo essere crudeli, dobbiamo esserlo con la coscienza pulita, dobbiamo distruggere in maniera tecnico-scientifica."
Adolf Hitler
“Nessuno è adatto ad essere investito del potere.
Chiunque abbia vissuto sa di quante follie e malvagità sia capace.
Se non lo sa, non è adatto a governare altri.
E se lo sa, sa anche che né a lui né a nessun altro dovrebbe essere permesso di decidere un solo destino umano.”
Charles Percy Snow
"Provate a spiegare Hitler ad un bambino."
George Carlin
lunedì 23 giugno 2008
Ti ("A Te" dei meno fortunati)
Ti ho salutata sbracciandomi da lontano approfittando del fatto che in mezzo alla folla non c'era nessuno che mi conosceva, hai continuato a fissare il vuoto davanti a te.
Ti ho mandato dei messaggi, avevi il cellulare spento.
Ti ho scritto delle email ma mi avevi già avvertito del fatto che non hai un buon rapporto con la tecnologia.
Ti ho invitata per un gelato un pomeriggio, saresti venuta ma dovevi correre all'IKEA per un tavolino. E poi, in ogni caso avevi ragione tu, che motivo c'era di vedersi?
Ti ho riempita di complimenti, ho parlato bene di te ai tuoi detrattori, io ero lì con te anche quando preferivi rimanere a casa davanti alla TV, a guardare gli altri divertirsi.
Ti ho apprezzata molto per la tua sincerità quando mi hai dato dell'ignorante davanti a tutti, me lo meritavo: anche se a ragione, ti avevo contraddetta senza discrezione.
Ti ho difesa con i miei amici: dicevano che l'unica cosa che tu consideri importante sei tu. Beh non è colpa tua se intorno a te nessuno ha lo spessore necessario per conquistare la tua attenzione.
Poi è arrivata domenica, quella mattina ho voluto metterti alla prova, così, senza un particolare motivo.
Una semplice sensazione di disagio, c'era qualcosa che non mi tornava.
Quando ci siamo visti ti ho chiesto se la sera ti avrebbe fatto piacere andare al Salone internazionale della profumeria e della cosmesi, a Bologna: oltre ottantacinquemila metri quadri di superficie espositiva dedicati al mondo della profumeria e della cosmetica.
Il tuo sguardo si è immediatamente illuminato, come mai prima.
Ti sei soffermata su di me con occhi diversi dal solito, ti sei accostata lentamente e, posandomi una mano sulla spalla, mi hai sussurrato all'orecchio: "A che ora mi passi a prendere?"
Ho fatto un passo indietro, poi un altro.
Ti sei spaventata.
Mentre tu scomparivi nel tuo smarrimento io acquisivo con lo scorrere impazzito degli istanti una consapevolezza di me stesso sempre maggiore fino a che il torpore della mia mente lasciava il posto a una lucidità perduta da troppo tempo ormai.
Ho detto ciao e, dopo aver guardato per l'ultima volta la tua sagoma traballante in controluce, sono salito sul primo bus di passaggio senza curarmi alla destinazione.
Pensare che bastava una semplice domanda per capire
che di me
non te ne importa niente.
martedì 17 giugno 2008
Miscredente
Giannizzeri di Patrol Izmir
Miscredente: chi mostra incredulità e diffidenza verso affermazioni od opinioni altrui, spec. generalmente accettate
Dizionario della lingua italiana De Mauro
"Le ragazze sono come le mele sugli alberi. Le migliori sono sulla cima dell’albero. Gli uomini non vogliono arrivare alle migliori, perché hanno paura di cadere e ferirsi. In cambio, prendono le mele marce che sono cadute a terra, e che, pur non essendo così buone, sono facili da raggiungere. Perciò le mele che stanno sulla cima dell’albero, pensano che qualcosa non vada in loro, mentre in realtà “Esse sono grandiose”. Semplicemente devono essere pazienti e aspettare che l’uomo giusto arrivi, colui che sia così coraggioso da arrampicarsi fino alla cima dell’albero per esse. Non dobbiamo cadere per essere raggiunte, chi avrà bisogno di noi e ci ama farà di tutto per raggiungerci."
Non credo.
domenica 15 giugno 2008
Il Travaglio delle intercettazioni
C’è voluta la magistratura per scoprire che il Santa Rita era una macelleria alla milanese. Nessun controllo da parte della Regione. Eppure la clinica era sempre nelle top ten dei decessi
...
Dove non ci sono controlli la corruzione ha le mani libere. Chi lo vuole? Quello che è successo al Santa Rita è il prodotto interno lordo del cancro applicato alla politica.
Il successore di Mastella, Angelino Alfano, promosso sul campo dallo psiconano, ha rassicurato i cittadini. Le intercettazioni al Santa Rita ci sarebbero state anche con la nuova legge sulle intercettazioni. Quella che fissa l’asticella ai reati per cui è prevista una pena di più di dieci anni. Angelino ha riso, un po’ come l’infame Franti nel libro: "Cuore". E ha detto: "Quelli lì sono finiti in galera per omicidio! Sono super intercettabili, ci mancherebbe altro…".
Franti Alfano ha dimenticato un particolare, le intercettazioni sono state eseguite per "truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche" e per "falso in atto pubblico". Solo in seguito si sono scoperti i presunti omicidi. Truffa e falso sono puniti con sei anni con la legge Franti. Quindi non intercettabili.
Per salvare lo psiconano l’Italia si è trasformata in un Paese di delinquenti a piede libero. Per intercettarlo i giudici dovranno accusarlo almeno di strage.
Blog di Beppe Grillo (13/06/2008)
venerdì 6 giugno 2008
Chi saranno i prossimi?
MILANO - I bambini hanno scherzato con le divise e sono impazziti per il furgone della Scientifica, quello con le macchine fotografiche e gli strumenti come vedi nei film. Gli adulti hanno accettato in silenzio, "con grande umiliazione". I vecchi hanno avuto "paura", uno soprattutto: Goffredo, 69 anni, il capofamiglia, sopravvissuto durante la guerra a un "campo del Duce" dove venivano deportati gli zingari, una di quelle pagine di cui si è persa memoria. Le sirene e le macchine della polizia; loro, gli zingari, tutti in fila a mostrare i documenti; le cinque e mezzo del mattino di un giorno qualsiasi: brutti ricordi nella testa di Goffredo.
L'alba di questa mattina, Milano-Rogoredo, tra la tangenziale est, la ferrovia e sotto i cavi dell'alta tensione, campo nomade del comune - dunque autorizzato e censito -, quattro casette di legno, il resto roulotte e baracche, la kher, la casa della famiglia Bezzecchi, arrivati in Italia dalla Slovenia nel 1943 e qui, tra un campo e l'altro, giunti alla quinta generazione. Sono circa quaranta persone e tutti stamani sono sfilati uno per uno davanti a polizia, carabinieri e vigili urbani per declinare nome, cognome, generalità, stato civile. Ognuno ha mostrato il documento di identità e ad ognuno è stata fatta la fotocopia.
"Censimento dei rom", secondo il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, da dieci giorni super commissario per gli zingari con gli ampi poteri previsti dall'ordinanza della Presidenza del Consiglio pubblicata in Gazzetta il 30 maggio. "Una schedatura umiliante" secondo Giorgio Bezzecchi, 47 anni, ragioniere, uno dei cinque figli di Goffredo, vicepresidente dell'Opera nomadi della Lombardia, fino all'anno scorso responsabile dell'Ufficio nomadi del Comune e adesso ricercatore presso l'università. "Quello che è successo stamani non era mai accaduto, è agghiacciante e tutti devono sapere, tutti..." insiste Bezzecchi.
I prefetti super commissari per i nomadi sono tre, Roma, Milano e Napoli dove però gli "sgomberi", per ora, sono stati fatti in un altro modo dalla camorra. Giorgio Bezzecchi non vive più al campo ma ieri sera, sapendo che ci sarebbe stato quello che definisce "blitz" si è fermato con il padre e le famiglie dei suoi quattro fratelli. "La nostra famiglia, tutta la nostra famiglia - spiega Bezzecchi - è italiana, abbiamo i documenti, lavoriamo, paghiamo le tasse, luce e acqua, i nostri figli vanno a scuola. In comune, dove ho lavorato per 23 anni, e in prefettura lo sanno perfettamente. Arrivare all'alba, circondare il campo e illuminarlo con le lampade, svegliarci e metterci in fila e fare la fotocopia del nostri documenti è stato molto più che umiliante. Sanno chi siamo, conoscono la famiglia Bezzecchi, mio padre è medaglia d'oro al valore civile. Perché questo blitz di evidente matrice razziale?".
E'un fatto che il primo atto ufficiale del commissario per i rom di Milano è proprio il monitoraggio della famiglia Bezzecchi, Rogoredo, Milano. "Sono arrivati alle cinque e mezzo - racconta Giorgio - hanno circondato il campo, lo hanno illuminato, sono venuti casa per casa, roulotte per roulotte, ci hanno svegliato, ci hanno fatto uscire, hanno fotografato le case e poi i nostri documenti. Hanno finito intorno alle sette e mezzo. Io credo - aggiunge Bezzecchi - che tutti debbano sapere e capire cosa sta succedendo: sono italiano, sono cristiano e sono stato schedato in base alla mia razza. Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani".
Con Bezzecchi proviamo a metterla così, che in fondo è solo un censimento, qualcosa di utile per affrontare una volta per tutte la questione rom, per conoscerli e quindi poter essere di aiuto a chi vuol vivere in Italia rispettando le regole. "Tanto per cominciare - risponde - noi siamo sinti italiani registrati all'anagrafe quindi non capisco cosa debbano censire visto che già esistiamo. Più in generale - lo dico perché ho lavorato per 23 anni all'Ufficio nomadi del comune di Milano - il censimento già esiste dei campi autorizzati. A Milano ci sono tra i 5 e i 5.500 nomadi". Una discriminazione, quindi, "anche se presentata come positiva".
Sessanta anni fa, ricorda Bezzecchi, usciva la rivista "La difesa della razza" di Guido Landra, furono approvate le prime leggi razziali, poi i primi rastrellamenti. "Mio nonno fu portato a Birkenau ed è uscito dal camino... Mio padre fu portato a Tossicia ed è tornato indietro. Stamani lo hanno svegliato all'alba e lo hanno messo in fila. Io oggi, italiano e sinti, dico vergogna".
La Repubblica
Caludia Fusani e Matteo Tonelli
lunedì 26 maggio 2008
1209 A.D.
Scende l’oscurità, calano le tenebre.
L’antico borgo si quieta, i rigagnoli maleodoranti riprendono a scorrere, le porte si chiudono dietro uomini che si ritirano nelle loro stanze disadorne, dentro casupole di pietra e legno riscaldate da ciocchi scoppiettanti.
La sera diventa notte, densa e silenziosa, senza luna, priva di stelle, non abbastanza fredda ma pungente, come il rimprovero di chi non c’è più.
La brezza soffia sinuosa e con un sibilo inquietante spazza le soglie di ingressi tetri e polverosi, portando via tutto ciò che di inconsistente è stato distrattamente abbandonato.
E lo sguardo si distende.
Avvinto dall’immagine di un'imponente abbazia che si erge solenne, opera magistrale di anonimi maestri artigiani, conoscitori di antichi e celati saperi.
Qualcosa si vede.
Da una piccola apertura sul torrione occidentale si diffonde il chiarore diffuso e tremolante di una candela al crepuscolo della sua esistenza.
File di scaffali disposti in mezzo alla stanza e contro le pareti sono gli immobili custodi un sapere tramandato nel corso dei secoli, da parte di uomini votati alla perpetuazione dell'erudizione e dell’ignoranza, della libertà e della censura.
Allo scrittoio debolmente illuminato siede ricurvo un vegliardo incappucciato che avvolto nel freddo e nella solitudine della notte, porta avanti il suo compito, la sua missione.
Gli occhi spenti, il respiro rantolante, la sua mano trascina la penna macchiata di nero su fogli gialli e rugosi, tracciando segni e lettere accuratamente trascritti dal testo originale.
Impossibile evitare che l'ultimo bagliore di questa notte opprimente nel suo dilagare svanisca.
Il respiro si fa breve e affannato, le pupille si dilatano per un’ultima volta, una folata d’aria entra improvvisa e la fiamma soffoca, lasciando uno stoppino interdetto e fumante.
Il buio sovrasta ora ogni cosa.
La penna abbandonata sul pavimento, una rigaccia scomposta chiude l’ultima frase abbandonata sul foglio:
et vita erat lux hominum et lux in tenebris lucet et tenebrae eam non conprehenderunt"
“e la vita era la luce degli uomini. E la luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno sopraffatta.”
lunedì 19 maggio 2008
Tutti gli ombrelli che ho perso
Io con gli ombrelli sono un disastro: riesco sempre a perderli.
Qui a Torino negli ultimi giorni ha piovuto un po'. Credevo che questa volta sarei riuscito a non perdere l'ombrello. Questo me l'avevano regalato i miei genitori: era piccolo, automatico, piuttosto elegante. Pensavo che fosse tutta questione di concentrazione; io l'ombrello lo devo seguire, ricordare che ora è appoggiato per terra vicino al sedile, poi nel portaombrelli, dopo appeso chissà dove. Caspita. È tutta questione di concentrazione. Pensavo - questa volta ce l'avrei fatta!
Niente. Io con tutti gli ombrelli che ho perso, ci avrei aperto un redditizio negozio. E continuo a perderli! All'inizio credevo si trattasse di una semplice sbadataggine. Questo mio essere sempre sulla luna, pensavo. Invece, ora ho capito tutto: io gli ombrelli non li voglio, non li so tenere. Tutto qui.
Il mio primo ombrello era elegante raffinato eccentrico. Aveva mille colori. Ma io devo averlo tenuto troppo stretto, forse ho avuto poca pazienza, troppa impulsività, non so. Credo di averlo rotto, prima di averlo perso per sempre.
Il secondo che ho perso, se ricordo bene, era a dire il vero di scarsa qualità. Però era così bello... A me quell'ombrello faceva impazzire! Forse il problema fu questo: ero troppo attaccato, troppo attento a quell'ombrello. Mi pareva fragile, ma non potevo esserne schiavo: lo mollai volutamente in mezzo ad una strada. Che peccato!
L'ultimo invece, era tecnicamente perfetto. Aveva un'impugnatura solida, ergonomica; la sua struttura era particolarmente resistente, il tessuto spesso. Anche questo, come il primo, era un ombrello molto elegante. Temo di averlo prestato a qualcuno in un giorno di pioggia. Che sfiga!
Forse devo rinunciare all'idea di avere un ombrello tutto mio, o forse imparare ad averne cura nel modo giusto. Ci sarà un corso per tenere l'ombrello? Fortuna che mi viene in mente quella bella e un po' lasciva poesia di D'Annunzio, e penso che a volte è bello godersi una pioggia fresca...
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.
Gabriele D'Annunzio, estratto da "La pioggia nel pineto"
giovedì 8 maggio 2008
Respiro
"Respiro" di Grazia Redaelli
Immobile, Respira
Concentrati sull'odore dell'aria umida che sibila nelle tue narici, mentre si espande nei tuoi polmoni, porta con sè la Vita.
Osserva, Respira
Una ragazza si muove veloce sotto il porticato deserto, con i capelli lunghi e fradici; sorridente si lascia accarezzare dal profumo che emana il mazzo di rose avvolto tra le sue bracccia.
Ascolta, Respira
Le corde di un mandolino, pizzicate da un dignitoso vecchio che non chiede nulla, note dolciastre che rievocano immagini sfuocate, sospese come tende al vento nei meandri della memoria.
Senti, Respira
Conta le migliaia di gocce di pioggia che si schiantano fragorosamente una a una sul tuo viso, dopo una caduta libera e solitaria di centinaia di metri. Cosa ti hanno portato?
Vivi, Respira, contempla il tuo Respiro.
Celebra il giorno della rivincita
sulla Paura
lunedì 5 maggio 2008
Daniel is back
Daniel è tornato.
"To Desire" è il suo ultimo pezzo, elettronico, frenetico quanto ansiogeno, colonna sonora di un tempo nel quale è diventato fin troppo facile desiderare e inseguire cose che hanno la cattiva abitudine di continuare a sfuggirci.
Questa non è l'epoca delle mezze misure, non ha senso ascoltarlo a basso volume: sarebbe come guardare un tramonto con gli occhiali scuri.
"To Desire" non è una canzone, è una corsa a perdifiato per le affollate vie del centro tra quelle migliaia di figure che, pur camminando, stanno correndo la maratona della vita come se si trattasse dei cento metri piani.
Dove stai andando?
To Desire (clicca per ascoltare)
domenica 13 aprile 2008
Il lato operaio della vita
La Corte dei Miracoli.
Ballerine, cantanti, attori, musicisti, calciatori, uomini e donne di potere.
Aspiranti quanto mediocri ballerine, cantanti, attori, musicisti, calciatori, uomini e donne di potere.
Disperati col sorriso.
Il Sistema fondato su immagini irrealistiche, su personaggi artificiali, costruiti a tavolino ti educa secondo l'idea che se non sei come loro in realtà non sei, non esisti.
Se lavori per qualche centinaio di euro al mese, se hai una pensione da fame dopo 40 anni di lavoro duro e senza gratificazioni non meriti attenzione.
E invece ci sei, perché altre persone vanno a scuola, hanno visto il mare e si innamoreranno ancora grazie al tuo senso di responsabilità, alla tua resistenza.
Non è demagogia, è il lato operaio della vita, quello che in TV non si vede mai.
Piacere / Luigi delle Bicocche
Sotto il sole faccio il Muratore e mi spacco le nocche
da giovane il mio mito era l’attore Dennis Hopper
che in Easy Rider girava il mondo a bordo di un Chopper
invece io passo la notte in un Bar Karaoke
se vuoi mi trovi lì / tentato dal videopoker
ma il conto langue e quella macchina vuole il mio Sangue
un soggetto perfetto per Brahm Stoker
TU
che ne sai della vita degli Operai
io stringo sulle spese / Goodbye Macellai
non ho salvadanai da Sceicco del Dubhai
mi verrebbe da devolvere l’otto per mille a Snai
io sono il pane per gli usurai ma li respingo
non faccio l’Al Pacino / non mi faccio di Pachinko
non gratto / non vinco / non trinco / nelle sale Bingo
man mano mi convinco
che io sono un Eroe
perchè lotto tutte le ore
sono un Eroe
perchè combatto per la pensione
sono un Eroe
perchè proteggo i miei cari / dalle mani dei Sicari / dei cravattari
sono un Eroe
perchè sopravvivo al mestiere
sono un Eroe
straordinario tutte le sere
sono un Eroe
E te lo faccio vedere
ti mostrerò cosa so fare col mio superpotere
Stipendio dimezzato / o vengo licenziato
a qualunque età io sono già fuori mercato
fossi un ex SS novantatreenne / lavorerei nello studio del mio avvocato
invece torno a casa distrutto la sera
bocca impastata come calcestruzzo in una betoniera
io sono al verde / vado in bianco / ed il mio conto è in Rosso
quindi posso rimanere fedele alla mia bandiera?
SU
vai / a vedere nella galera / quanti precari / sono passati ai mal’affari
quando t’affami / ti fai / nemici vari
se non ti chiami Savoia scorda i Domiciliari
finisci nelle mani di strozzini / ti cibi
di ciò che trovi se ti ostini a frugare i cestini
nè l’Uomo ragno nè Rocky nè Rambo ne affini
farebbero ciò che faccio per i miei Bambini
che io sono un Eroe
perchè lotto tutte le ore
sono un Eroe
perchè combatto per la pensione
sono un Eroe
perchè proteggo i miei cari / dalle mani dei Sicari / dei cravattari
sono un Eroe
perchè sopravvivo al mestiere
sono un Eroe
straordinario tutte le sere
sono un Eroe
E te lo faccio vedere
ti mostrerò cosa so fare col mio superpotere
Per far denaro ci sono più modi / potrei darmi alle frodi
e fottermi i soldi dei morti come un banchiere a Lodi
c’è chi ha mollato il Conservatorio per Montecitorio
lì i pianisti sono più pagati di Adrien Brody
io vado avanti e mi si offusca la mente
sto per impazzire come dentro un Call Center
vivo nella camera 237 / ma non farò la mia famiglia a fette
perchè sono un Eroe
sono un Eroe
perchè lotto tutte le ore
sono un Eroe
perchè combatto per la pensione
sono un Eroe
perchè proteggo i miei cari / dalle mani dei Sicari / dei cravattari
sono un Eroe
perchè sopravvivo al mestiere
sono un Eroe
straordinario tutte le sere
sono un Eroe
E te lo faccio vedere
ti mostrerò cosa so fare col mio superpotere